Gazzetta dello Sport (A. Vocalelli) – Scegliete voi l’immagine della Roma a Marassi, nella serata della disfatta contro un generosissimo Genoa. La faccia sconsolata di Lukaku, che sembra invidiare i palloni ricevuti da Retegui?
Il gol di Gudmundsson, capace di aprire la partita dopo pochissimi minuti?
La rete di Messias, a cui non sembra vero di trovarsi lì, tutto solo in area per trasformare una sconfitta amara in una goleada destinata a restare nel baule dei brutti ricordi giallorossi?
La fedeltà tradita dei tifosi romanisti non solo protagonisti dei sold out di cui si parla in tutta Europa, ma li a farsi sentire anche in un giovedì sera che non è certo l’ideale per una trasferta?
No, l’immagine della partita tra Genoa e Roma è tutta in quella tripla sostituzione a quasi 20 minuti dalla fine, recupero compreso. Una squadra svuotata, senza idee, tenera e fragile, costretta a tentare il tutto per tutto con tre centravanti, Lukaku, Belotti e Azmoun, due trequartisti come Dybala e Aouar, un attaccante come El Shaarawy nel ruolo di terzino e un solo difensore di ruolo, Ndicka.
Sul piano del carattere, su cui nessuno aveva mai provato mettere in discussione Mourinho. La Roma oggi è invece tutto questo: tenera, slegata, senza neppure quella convinzione, quella compattezza, cavallo di battaglia del suo pilota.
Chiamato pesantemente e ufficialmente in causa, perché se per due anni si è parlato della Roma di Mou, oggi non si può slegare il suo nome da un quadro desolante.
La crisi insomma è ufficialmente aperta. Una crisi che dovrebbe far riflettere anche chi ha preferito raccontare di una Roma alle prese con la continua mancanza dei giocatori adatti, invece di chiedere spiegazioni su un gioco, ed è paradossale, sempre meno convincente.