Gazzetta dello Sport – Ci pensa Borini. La Roma al quinto posto Champions a -4

Quinta, da sola. Non accadeva dal 20 novembre 2011. Di nuovo dentro all’Europa che verrà e con un occhiolino teso a sbirciare il terzo posto Champions, quello che nessuno (vedi Lazio e Udinese di ieri sera) sembra voler fare proprio . Tra due settimane, domenica 4 marzo, il derby con la Lazio può non essere circoscritto a una questione di leadership capitale. E’ la Roma di Luis Enrique, ragazzi. Croce e delizia dei tifosi. Difficile capire il nesso tra il 5-1 col Cesena, il 2-4 di Cagliari, il 4-0 all’Inter, lo 0-1 di Siena e, ieri, questo 1-0 al Parma molto più netto di quanto non dica il gol del baby prodigio Borini, uno che per forza di cose dovrà prima o dopo entrare nell’orbita di Prandelli. Discontinuità Roma: fosse il contrario, il progetto spagnolo che comunque merita di essere coltivato l’avrebbe già proiettata lassù, dalle parti di Milan e Juventus.

Troppo facile Contro il Parma un match ben più semplice di quanto l’imbattibilità di Donadoni, lunga 6 puntate, non potesse far ritenere. La Roma fa la brava, resta concentrata come le succede quando c’è De Rossi (nelle precedenti sei partite presente solo con l’Inter) angelo custode della difesa migliore, quella con Heinze e Juan che concede al Parma la sola palla-gol sciupata dall’ex giallorosso Okaka. E funziona dalla metà campo in su, dove Gago per una domenica è più in gamba di Pjanic, e dove Osvaldo si riprende il posto che, complice l’infortunio, gli aveva portato via Lamela, che però, sostituendolo nello scoppiettante finale, lascerà una migliore impressione. Ma l’uomo del match, all’ombra di capitan Totti che a 700 partite suonate e festeggiate non perde la voglia di divertirsi, è Borini.

L’ex dimezzato Roma e Parma se lo dividono in comproprietà, ma Borini a fine stagione diventerà interamente giallorosso, e ha tutta l’aria di essere un ottimo investimento. Sesta rete stagionale, non è poco vista la concorrenza e l’infortunio che lo ha tolto di mezzo per 7 giornate. Borini è l’uomo che corre e verticalizza più di tutti, ed è anche il primo assaltatore nel pressing alto che la Roma porta non appena là davanti perde palla. Il gol arriva a metà di un primo tempo in cui il possesso palla, per una volta limitato al “solo” 62%, è troppo lento e per linee orizzontali. La prima volta che Pjanic accelera e Gago lo imita, in due passaggi verticali arriva l’assist per il diagonale vincente di Borini. Buono a scacciare anche il fantasma di un netto rigore per un mani di Ferrario su tiro di Gago che solo Peruzzo riesce a non vedere. In totale controllo della partita, la Roma non cambierà spartito (andante lento) fino a quasi metà del secondo tempo. Lì, con Lamela, cambio marcia e battesimo per l’interessante Marquinho, centrocampista da corsa. Mirante, che sul gol di Borini aveva qualcosa da farsi perdonare, si riscatterà con tre parate decisive.

Delusione Dal Parma e da Donadoni ci aspettavamo qualcosa di meno dimesso. Invece niente. Un 3-5-2 con due esterni di metà campo (Jonathan e Gobbi) assai più che rinunciatari, Giovinco solitario e poco ispirato, Palladino acciaccato e poi rimpiazzato senza effetto alcuno da Okaka. Il Parma non da mai l’impressione di voler anche solo tentare di raddrizzare la partita e l’infinita panchina che Donadoni riserva a Biabiany resta un mistero. Quella di Musacci, 24enne di buona consistenza, un centromediano che un po’ si ispira a De Rossi, l’unica nota lieta. Pochino davvero.

La Gazzetta dello Sport – Ruggiero Palombo

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