Corriere dello Sport (J. Aliprandi, R. Maida) – Non tradisce mai. Dategli un posto nella formazione titolare, lui festeggerà l’esordio con almeno un gol. Romelu Lukaku è garanzia di impatto devastante sulla stagione: negli ultimi sei anni, con tre squadre diverse, ha sempre segnato alla prima partita giocata dall’inizio.

Mourinho, dopo averne testato la tenuta negli ultimi minuti contro il Milan, spera che la serie si allunghi con la Roma. In fondo l’Empoli, il prossimo avversario, a Lukaku porta fortuna: due reti e un assist nelle precedenti due occasioni in cui il destino li ha fatti incontrare.

Niente avviene per caso. E sei indizi sono più di una prova. Dal 2017/18, quando segnò una doppietta al West Ham con la maglia del Manchester UnitedLukaku si presenta bene ai suoi tifosi. Quella volta, guarda un po’, c’era proprio Mourinho in panchina. Che, fresco di un’Europa League vinta a Stoccolma contro l’Ajax, avrebbe poi condotto la squadra al secondo posto in Premier League dietro ai rivali cittadini del City, anche grazie alle 16 reti di Lukaku.

Ma questa è un’altra storia. Anche nei campionati meno brillanti della carriera, Big Rom ha mantenuto l’abitudine di partire a razzo. Come un paio d’anni fa al Chelsea, quando non andò oltre quota 8. E però al debutto da titolare all’Emirates Stadium nel derby contro l’Arsenal andò subito a dama.

È tutto nei numeri, che chiaramente risaltano ancora di più nel triennio all’Inter. Nel 2019, all’esordio assoluto in Serie A contro il Lecce, ha fatto impazzire San Siro e Antonio Conte, che lo aveva fatto comprare a peso d’oro proprio dal Manchester United: 65 milioni più 10 di bonus. Serviva il centravanti per il salto di qualità. E Lukaku si è ambientato in fretta, producendo 10 reti nelle prime 13 giornate. Alla fine sarebbero state 23, con secondo posto in campionato e finale persa in Europa League contro il Siviglia (corsi e ricorsi storici romanisti…).

Lo scudetto all’Inter è arrivato nella stagione successiva quando i gol in campionato sono stati 24, con tanto di premio di miglior giocatore della Serie A. Anche nel 2020/21, manco a dirlo, ha colpito alla prima occasione utile: stavolta contro la Fiorentina, sempre a San Siro. Piattone del provvisorio 3-3 su assist di Hakimi, prima del decisivo sorpasso firmato da D’Ambrosio. Un anno fa invece, di ritorno dal tormentato periodo al ChelseaLukaku ha segnato ancora al Lecce nella sua prima esibizione. In questo caso a porta vuota, allo stadio Via del Mare.

Adesso cercherà di rispettare il ruolo con la Roma, che ha urgente bisogno di punti dopo l’inizio terribile. Intanto però deve giocare un’altra partita, stasera a Bruxelles contro l’Estonia, per le qualificazioni europee del suo Belgio. In Azerbaigian ha dimostrato di essere già in discrete condizioni atletiche, tanto da contribuire alla rete decisiva di Ferreira Carrasco. Stasera però vorrà migliorare il suo score realizzativo in nazionale: 75 gol in 109 partite. Al capitano il nuovo ct, l’italiano Domenico Tedesco, chiede lo sprint per chiudere il discorso nel girone. “È il nostro punto di riferimento, a lui non rinuncio” dice l’allenatore.

Lukaku, al di là delle statistiche, ha qualcosa da farsi perdonare in patria: il Mondiale imbarazzante in Qatar. All’epoca Big Rom stava male, non era riuscito ad arrivare all’appuntamento in uno stato fisico decente come gli interisti ricordano bene. I suoi errori, soprattutto nella partita del dentro/fuori contro la Croazia, sono costati carissimo al Belgio che è stato eliminato al primo turno. L’Europeo di Germania 2024, insieme al successivo Mondiale, sarà un test definitivo per il giudizio sulla sua generazione: una squadra piena di talento che, senza creare un gruppo solido, non è mai riuscita ad essere davvero competitiva nei grandi tornei.