Gazzetta dello Sport – Ma questi spagnoli sono bravi davvero?

I soprannomi raccontano più di mille retroscena: Zichichi, Battimani, Una margherita y una cerveza. Tre personaggi in cerca d’identità, indovinate chi sono? Il primo è noto, come è noto chi ha trovato la somiglianza: fu un guizzo di Totti, in un momento di particolare «ispirazione» di Luis Enrique. Da quel momento, Zichichi, forse nella versione comica di Crozza, sicuramente più per richiamarne l’attività di divulgatore scientifico, a volte pittoresco, che quella di professore emerito di Fisica. Al secondo, Battimani, ci si può arrivare con un minimo di ragionamento: chi è quel signore sorridente che chiede il «cinque» al giocatore appena sostituito, facendogli venire i nervi già messi a dura prova dal richiamo in panchina? Trattasi del mental coach Tonin Llorente, motivatore che poco motiva ma molto diverte, ispirando soprannomi ad hoc. E infine, il terzo. Questo è difficile, si sarebbe pensato a qualcosa di più tecnologico, dato che smanetta tutto il giorno sui social network, e invece Josè Angel per gli amici di Trigoria è più banalmente ‘na margherita y ‘na cerveza, quello che chiede tutte le sere in pizzeria.

Quanti dubbi Se si scherza fino a questo punto, vuol dire che i personaggi in questione sono quantomeno discussi. E del resto in questi giorni ognuno è oggetto di dibattito pubblico: Luis Enrique è un genio o un folle visionario? Tonin Llorente viene pagato per i girotondi a fine allenamento o per qualcosa di più serio? José Angel c’è o ci fa? Ma è tutta la colonia spagnola a scatenare dubbi: Robert Moreno, il vice che vedete sempre sussurrare all’orecchio di Luis Enrique, è bravo o è incapace? E Rafael Pol Cabanellas, il giovanissimo preparatore atletico? Perché la Roma dei 2° tempi ha un rendimento da retrocessione? Problema fisico o mentale? E cosa passa nella testa di Bojan e José Angel? L’attaccante doveva essere il fiore all’occhiello della campagna acquisti estiva, ma è finito in fondo alle gerarchie, superato pure da tale Piscitella. Mentre il terzino, richiesto espressamente da Luis Enrique, si è rivelato inadeguato a questi livelli. E a voler essere particolarmente maliziosi, c’è da chiedersi pure perché Ivan De La Pena prima e il tattico Marcos Lopez poi (che comunque verrà pagato fino a fine stagione) si siano dati alla fuga.

Quanta paura Le domande, in realtà, riguardano più i massimi sistemi: il progetto di Luis Enrique è davvero quello che serve alla Roma? E quanto altro tempo ci vorrà per vederlo realizzato con uno straccio di continuità? Pur concedendo tutte le attenuanti del caso — allenatore alla prima esperienza seria, squadra rivoltata come un calzino in estate, amalgama complicato tra giovani e senatori —, possibile che la Roma di Luis Enrique abbia 4 punti in meno e una partita in più di quella tanto bistrattata di Claudio Ranieri? Che conti già dieci sconfitte? Che qualunque allenatore abbia capito come mettere in crisi la tanto decantata identità asturiana? Pep Guardiola, che è autorevole di suo e conosce bene Luis Enrique, dice di fidarsi: «Per uno straniero non è facile ambientarsi in un paese come il vostro. Ringrazio la Roma per la pazienza e sono felice che ora Luis stia dimostrando il suo valore». Se lo dice lui.
Gazzetta dello Sport – Alessandro Catapano

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