Corriere della Sera – Ma Allegri non si accontenta «Abbiamo anche rischiato di perdere»

 

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Pensavamo fosse un campionato invece era un soufflé, infornato, stracotto e sgonfiato già il 5 ottobre, nella finale scudetto di andata, tra spettacolo e polemiche infinite. Il piatto freddo di ieri sera, riscaldato frettolosamente nel secondo tempo, è una specialità italiana: perché i 9 punti di vantaggio della Juventus sulla Roma sono quasi una rarità in Europa, dove solo il Psv sull’Ajax in Olanda ha un vantaggio maggiore (11 punti). Il Bayern in Germania viaggia come la Juve a più 9 sul Wolfsburg, ma è difficile vedere Pep Guardiola infuriato come Massimiliano Allegri al fischio finale: «Dal 70’ abbiamo smesso di giocare — dice il tecnico juventino che sperava nel colpo del k.o. definitivo —. Usciamo dal campo molto arrabbiati, perché abbiamo perso due punti importanti e il campionato è ancora lungo, ci sono molti scontri diretti. E abbiamo rischiato anche di perderla. Sarà anche un passo avanti verso lo scudetto, non lo nego. Ma ci vuole più lucidità».

Quella ce l’hanno messa Tevez e Keita: le loro firme sono d’autore, perché l’Apache e il Professore hanno scritto pagine esaltanti in Inghilterra e Spagna e non smettono di stupire. Tevez viaggia spedito verso la sua migliore stagione di sempre a livello realizzativo (21 gol in tutte le competizioni: il record dell’argentino è di 29 reti con il Manchester City nella stagione 2009-2010). E la sua decisione di lasciare il calcio europeo tra un anno, quando scade il suo contratto con la Juventus, sorprende quasi più della magnifica punizione (con astuzia: il pallone è stato arretrato di 2 metri e 17 centimetri per avere più parabola nel calcio) con cui l’argentino ha battuto De Sanctis, molto simile aquella segnata nella stessa porta da Platini il 6 marzo 1983: «Su questo siamo d’accordo — dice l’amministratore delegato della Juventus, Beppe Marotta —. Vale per Tevez, vale per Buffon. Per loro il contratto è sempre firmato in bianco da parte nostra e sono loro a decidere il loro destino. Di sicuro per Tevez vale la voglia, il desiderio, di poterlo tenere ancora per più anni».

Ma il richiamo di Buenos Aires e della camiseta del Boca Juniors per adesso sembrano più forti di tutto, per un giocatore che più volte ha spiegato di essere stanco dei viaggi e dello stress. Il giramondo Keita, dal Mali alla Cina, passando per il Barcellona più forte di sempre, invece non è ancora stanco. Anche se rincorrere la Juventus ha evidentemente logorato la Roma, irriconoscibile tra la partita d’andata e quella di ritorno: «Abbiamo fatto un doppio sforzo per raddrizzare questa partita — spiega Keita — ma è comunque troppo poco e non va bene. Volevamo vincere, avevamo bisogno dei tre punti per provare a riaprire questo campionato.

La Juve è una grande squadra, la differenza la fa solo la fiducia in se stessi: loro stanno assieme e vincono da anni, noi siamo sempre in ritardo e rincorrere è dura». Impossibile, quasi. «Considero questo un punto guadagnato sulle squadre che ci inseguono. Ma siamo vivi, la reazione è stata eccezionale — dice Rudi Garcia —. Abbiamo personalità e carattere. Ci abbiamo creduto fino alla fine, peccato». Ma se il Professor Keita dopo il gol segnato corre verso la curva e poi torna bruscamente indietro vuol dire che è davvero troppo tardi. 

Corriere della Sera –  Paolo Tomaselli

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