La Gazzetta dello Sport (E. Esposito, V. Piccioni) – No, cosi no, non può essere. Maledetti rigori, ancora loro. Come 39 anni fa. E pensare che era stato tutto così bello: la vigilia, l’attesa, l’inizio, Francesco Totti che “posta” la coreografia con il gigantesco “Figli della lupa”, una collezione fantastica di sorrisi, di là e di qua, a Budapest e a Roma, alla Puskas Arena e all’Olimpico, tanti segni premonitori, la sensazione di una serata magica, gli inni giallorossi cantati a squarciagola. Fino al gol di Paulo Dybala, e chi se non lui. Tutto perfetto. Una notte delle favole, delle lacrime, una notte in cui sembrava che uno scatenato entusiasmo avesse battuto quattro a zero ogni forma di scaramanzia.

C’era pure la storia di mezzo, la storia dei due stadi: Ferenc Puskas, a cui è intitolata l’Arena della capitale ungherese, segnò la prima doppietta del lungo romanzo dello stadio Olimpico nel 3-0 che la sua nazionale rifilò all’Italia. Magari da lassi qualche parolina l’avrebbe potuta dire. Un “trattami bene Roma”. E invece no. E invece ora c’è un altro pezzo di storia, tristemente molto più noto, che riempie di questa notte il sogno diventato incubo, i maledetti rigori di Roma-Liverpool del 1984, proprio all’Olimpico. Più romanisti No, così no, non può essere.

Sulle strade di Budapest, e più tardi allo stadio, la supremazia numerica della tifoseria giallorossa si era fatta con il passare delle ore schiacciante. Cori, sciarpe e birre senza eccedere nei punti di ritrovo allestiti dalla Uefa, il Fan Festival di piazza degli Eroi (qui le due tifoserie si sono pure mischiate) e la Fan Zone esclusivamente romanista del City Park. Il corteo dei tifosi, sorvegliatissimo dalla polizia ungherese, è stato molto vivace ma composto. 

No, così no, non può essere. Con un Olimpico che s’e riempito all’improvviso, proprio come fanno gli stadi spagnoli. Con quella prima inquadratura dei tifosi giallorossi di Budapest che ha prodotto il primo applauso con lo speaker a dire: “Questi sono i nostri!”. E poi il primo boato alla zoomata su Mourinho, l’urlo spezzato all’occasionissima di Spinazzola, i silenzi pieni di speranza al momento della Var per l’intervento su Abraham che ha fatto gridare al rigore. E poi quel gol che sembrava aver risolto tutto e invece non aveva ancora risolto niente come diceva Mourinho con quel gesticolare del tipo: “Calma, non è successo niente”.