Le imprese della Roma in Europa: il 3-0 al Barcellona, due anni dopo

Pagine Romaniste (A.Dionisi)– Col fiato sospeso per 14 minuti. Il 10 aprile di due anni fa, chi su un seggiolino dello Stadio Olimpico, chi davanti ad uno schermo, attendevamo il triplice fischio di Turpin. Qualche settimana prima, a sorteggi conclusi, sui quotidiani spagnoli si leggeva: “La fortuna sorride al Barça. Erano quelli che tutti volevano”, “Un bombon”. Il risultato dell’andata al Camp Nou sembrava dargli ragione, un 4-1 bugiardo che non rispecchiava l’impegno dei giallorossi in terra catalana. Complici la gestione arbitrale di Makkelie e le sfortunate deviazioni in porta di De Rossi e Manolas, la qualificazione per le semifinali di Champions League sembrava una pratica già archiviata. La giustizia divina, però, quel 10 aprile indossava una maglia rossa.

Di Francesco schiera la sua formazione: Alisson tra i pali, davanti al brasiliano la difesa a 3 composta da Fazio, Manolas e Juan Jesus, Kolarov e Florenzi sulle fasce. A centrocampo, insieme a capitan De Rossi ci sono Nainggolan e Strootman, davanti a loro Schick -al suo esordio in Champions League- e Dzeko. Valverde risponde con Ter Stegen in porta, Semedo, Piqué, Umtiti e Jordi Alba dietro a Sergi Roberto, Busquets, Rakitic e Iniesta, in attacco il duo Messi-Suarez. Nonostante i tre gol di scarto, i blaugrana non risparmiano i pezzi grossi. Gli spagnoli hanno perso solo una delle ultime 48 partite in stagione, ma per spaventare i tifosi giallorossi ci vuole molto di più: lo Stadio Olimpico è sold out. Chi tifa Roma è caratterizzato da un innato pessimismo, per il quale non pensi che certe cose possano accadere anche a te, ma quella sera ci abbiamo creduto tutti.

Fischio d’inizio. Il Barcellona all’inizio ci prova, un paio di giri di lancette ed iniziano già le prime palpitazioni. L’importante è non prendere gol. Alisson è sicuro e i blaugrana ci mettono del loro, senza mai essere incisivi. Scriverlo due anni dopo però è sicuramente più facile. Passano appena sei minuti e De Rossi indirizza con grande precisione il pallone che finisce sui piedi di Dzeko. Il bosniaco riesce a districarsi tra Umtiti e Jordi Alba, destro-sinistro e compie il primo atto dell’impresa giallorossa. 1-0 e l’Olimpico esplode, è un grido di gioia, ma con un fondo di timore. È ancora troppo presto. La Roma prende confidenza e continua a provarci. Schick sfiora il raddoppio, poi Dzeko mette alla prova i riflessi di Ter Stegen. Il portiere tedesco si fa trovare pronto, ma l’occhiata che lancia ai compagni di squadra sembra quasi dire “Ma devo fare tutto io?”. Tra un tentativo e l’altro, Turpin manda le squadre negli spogliatoi sull’uno a zero, la strada è ancora lunga.

I nomi dei protagonisti di questa storia sembrano essere stati scritti dal destino. Nel secondo tempo Piqué atterra Dzeko in area, calcio di rigore. Il bosniaco va dal capitano con un pallone che pesa come un macigno. Un bacio veloce sulla guancia, carico di tutte le nostre speranze. Daniele, pensaci tu. Fischio. Silenzio. Sembra una scena da film, tra il rallenty, i battiti rumorosi del cuore e il fiato sospeso. Ter Stegen intuisce da che parte buttarsi, ma la palla va in rete. Boato. De Rossi firma il 2-0, si fa perdonare l’autogol al Camp Nou e in quel momento la speranza diventa quasi certezza, è la nostra serata. Di Francesco dalla panchina invita tutti a mantenere la calma, ma l’atmosfera ormai è elettrizzante. Può succedere davvero, l’impossibile diventa man mano reale. Il Barcellona cerca di gestire il risultato, ma il pressing della Roma si fa sempre più costante, alla ricerca del terzo gol. Ter Stegen prova a salvare i suoi, nega il gol a Nainggolan ed El Shaarawy, entrato al posto del belga ad un quarto d’ora dalla fine. Mancano 8 minuti alla fine del tempo regolamentare, ma i giallorossi non mollano. 81’42’’ sul cronometro, Cengiz Under è pronto dalla bandierina per il calcio d’angolo. Manolas è sul primo palo e stavolta non c’è nessun rallenty. Succede tutto velocemente, sono attimi di confusione. Il greco corre sotto la tribuna, travolto dai compagni di squadra. L’emozione trova voce nei tifosi all’Olimpico, in quelli che gridano, in quelli che piangono, in chi si abbraccia e salta. La Roma trova il meritato 3-0, “The unthinkable unfolds before our eyes” commenta Peter Drury, l’impensabile che si svolge davanti agli occhi increduli del telecronista.

8 più recupero alla fine. 14 minuti in cui il Barcellona ci prova ma “Questa notte è ancora nostra”. I tentativi di Messi sono vani, per una sera la Pulce è davvero piccola e i lupi sono enormi, giganti. Nainggolan è in piedi a bordo campo, insieme a Gerson, Schick e Bruno Peres aspetta la fine della partita, il settore ospiti è incredibilmente silenzioso. Nel pieno del sentimento romanista, ci siamo aspettati anche un gol all’ultimo. Un gol immeritato e fatale, un gol pieno di romanismo. Quel gol però non è arrivato e al suo posto c’è stato Turpin. Il fischio più bello di sempre. La Roma ha scritto una pagina di storia, ha costruito la rimonta passo dopo passo, dalla spinta dei tifosi all’atteggiamento in campo, ha compiuto l’impossibile e lo ha fatto meritatamente, nessun miracolo. Un solo aggettivo: magica.

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