La Repubblica – E’ allarme ingaggi in ritiro. La squadra vale 80 milioni

Due settimane esatte al raduno della Roma: un “esercito” da 80 milioni. Soltanto un anno fa, in queste ore, la nuova Roma nasceva sotto la bandiera americana e quella dell’inversione di tendenza nel rapporto costi-ricavi. Ma a un anno di distanza la squadra costa ancora tanto. Troppo. E nonostante tanti addii: Cassetti e Cicinho, ma anche Gago, Heinze e forse Kjaer, alleggeriranno le casse per quasi 12 milioni annui. Eppure, al gruppo in essere si sommeranno i rientri pesantissimi di Guberti, Julio Sergio, Borriello, Pizarro e Brighi, da complessivi 14 milioni, oltre all’adeguamento contrattuale di De Rossi — 2 milioni lordi all’anno — e a una marea di giovani al rientro (Bertolacci, Crescenzi, Florenzi, Pettinari, Antei, D’Alessandro). Una rosa di quaranta di giocatori, a cui aggiungere tutti i ‘93 rigettati dalla Primavera. «Cedere 15 giocatori entro la data del raduno», l’eco che arriva da Trigoria.

Indispensabile per fare posto a una serie di nomi pronti a vestirsi di giallorosso: i due extracounitari Dodò e Castan, forse anche il centrale Uvini, e poi Marquinho, a cui Sabatini ha promesso il riscatto (ma c’è tempo fino al 30 giugno: poi sarebbe da considerare un nuovo extra Ue). Nel pentolone dei conti, così, la Roma della prossima stagione parte con un handicap che sfiora gli 80 milioni di costo annuo. Zeman è stato chiaro: «Non voglio più di 25 giocatori».

Quattordici giorni per i tagli, prima del via alla nuova stagione, con l’adunata prima della partenza per Riscone. Non ci sarà Greco: a ore, Roma e Chievo definiranno lo scambio che porterà il centrocampista a Verona in comproprietà in cambio della seconda metà del giovane Tallo. Rischia anche Borini: su di lui si è mossa nell’ombra ma con decisione l’Inter; per questo, nelle ultime ore, il Parma ha chiesto a Sabatini di monetizzare. A brevissimo un vertice per trattare: ma arrivare venerdì alle buste — con il giocatore che spinge per non restare a metà — è sempre più probabile. A Milano aspettano.
La Repubblica – Matteo Pinci

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