Ranieri: “C’è la possibilità di tornare in Champions. Alla Roma mi lega la mia romanità, è nel mio dna. Chiedo ai tifosi di stare vicino ai giocatori” – VIDEO

Claudio Ranieri, nuovo allenatore della Roma, ha parlato ai microfoni di Roma Tv al termine della giornata che ha visto il suo ritorno sulla panchina giallorossa. Queste le sue parole:

Che cosa significa tornare a Roma?
Tornare a Roma per me significa tanto, tutto. Sono sempre stato tifoso della Roma fin da bambino, sono stato giocatore, sono stato allenatore. Io era tanto che dormivo la notte, stanotte quando ho saputo che potevo essere io (l’allenatore, ndr) non ho dormito. Era da tanto che non mi succedeva, per cui è un buon segno.

Che cosa la lega alla Roma?
Alla Roma mi lega la mia romanità, il mio nascere a San Saba, stare a Testaccio e andare all’oratorio. La Roma era nel mio dna. Posso dire che tutta la mia vita calcistica è legata alla Roma. Ricordo quando ero calciatore a Catania facemmo gli spareggi a Roma, prima di entrare allo stadio sul pullman facevo mettere la canzone di Antonello Venditti, da capitano facevo caricare la squadra con quella canzone. Tutto mi lega a Roma.

Che giornata è stata?
La giornata è stata lunga ma bella, è una lunga giornata ma è bella. E’ bella perché quando tu fai le cose con piacere non senti la fatica, non senti nulla. Sono tornato qui a Trigoria, l’ho trovata cambiata. Molte cose nuove, si sta dando veramente una struttura da squadra internazionale e questo da tifoso romanista non può che farmi piacere.

Cosa chiederà ai giocatori?
Ai giocatori chiederò in queste ultime dodici partite di dare il meglio di loro, di aiutarsi ad essere squadra, di sentire la Roma, come tutti i tifosi che vogliono che i giocatori sentano il valore della maglia, il valore di appartenere a questa città. Gli chiederò di dare tutto loro stessi perché solo così io poi dopo sarò contento ed appagato. Il risultato è importante, però per me è importante che loro per 90-95 minuti diano tutto quello che hanno.

Su quali aspetti deve lavorare?
Il primo aspetto da valutare è sicuramente l’aspetto psicologico, dopo due sconfitte consecutive e l’uscita dalla Champions League i ragazzi saranno sicuramente abbattuti. Ma questo ormai è passato e devono saper reagire da uomini. Cerco sempre di collegare la vita calcistica alla vita di tutti i giorni e di tutti noi. Noi siamo dei fortunati, facciamo un mestiere per cui pagheremmo per stare nella Roma o in qualsiasi altra squadra. Io ancora di più per stare nella Roma. Mi reputo una persona fortunata e dobbiamo fare di tutto proprio per questo motivo, cercare di essere noi stessi, di dar fuori il meglio che abbiamo, è un aspetto psicologico importantissimo. L’attaccamento a maglia, società e tifosi, che dopotutto sono passionali ed è logico che siano insoddisfatti quando la squadra non gioca bene e perde, ma se vedono la squadra che lotta e si impegna, e poi magari l’arbitro all’ultimo non ti dà un rigore e neanche vuole andarlo a rivedere al Var, sanno apprezzare lo sforzo della squadra. E’ questo l’aspetto principale sul quale batterò i tasti, proprio sulla motivazione e sul dare tutto noi stessi per i nostri tifosi.

E’ cambiato in questi anni?
Sicuramente sono cambiato. Sono cambiato perché quando ho iniziato 32 anni fa il calcio era diverso, questo significato che se ancora sono stato chiamato dalla Roma, che sta lottando per la Champions League, significa che mi sono ogni volta aggiornato. La mia voglia di migliorarmi non mi abbandona. Sicuramente sono migliore dell’anno scorso, di due anni fa e di quando ho iniziato.

Come ha trovato il gruppo?
Dopo questa lunga giornata io ho già parlato con la squadra e ho chiesto determinate cose. E’ un momento particolare, in 12 giornate ci giochiamo il futuro, c’è la possibilità di tornare in Champions League. I ragazzi sono sensibili, può darsi che qualcuno non è abituato perché giovane a stare su una piazza così importante, a giocare con serenità e tranquillità. Vi chiedo solo di stargli vicino ed incoraggiarli anche e soprattutto nei momenti difficili, perché poi alla fine chi soffre veramente siamo noi tifosi.

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