Quando Mire era un simbolo

Corriere dello Sport (R.Maida) – Senza amici non sa stare. Miralem Pjanic ne ha lasciato uno fraterno a Roma, Nainggolan, ritrovando in compenso un affetto importante come Benatia. In compenso ha rinunciato all’amore di un intero popolo, quello romanista che lo aveva eletto simbolo di qualità del nuovo corso. Il resto già era preventivato: firmando per la Juventus, Pjanic avrebbe vinto. La differenza verso cui ha voltato lo sguardo era la prospettiva di decorare il petto dopo una gioventù lionese e un’evoluzione romanista che non avevano prodotto alcun trofeo.

DELUSIONE – E’ questo che i tifosi della Roma non sono riusciti ad accettare. Non tanto perché, quella volta che segnò alla Juve su punizione e anche in altre situazioni, baciava lo stemma sulla maglia. E nemmeno perché si è allontanato da Trigoria di propria spontanea volontà, assecondando i bisogni di una società che doveva incamerare denaro, a prescindere dalla clausola rescissoria e dall’interlocutore interessato. No, a Pjanic non è stata perdonata la scelta di sposare un’ideologia e una mentalità lontana e sgradita. A Roma, a torto o a ragione, ci si affeziona ancora ai calciatori, credendo alle loro parole e ai loro gesti ancora prima che ai gol e agli assist. Pjanic era a suo modo un simbolo del romanismo da terzo millennio importato dalla proprietà americana, essendo stato acquistato nella prima sessione di mercato guidata da Sabatini. Il fatto che abbia deciso di andare a vincere con la Juventus non poteva essere digerito da un popolo che vive di passioni e non di titoli.

RAPPORTI – Con il club e con gli ex compagni invece Pjanic ha tenuto un rapporto eccellente. E’ stato più volte nel ritiro della Roma, quando i vecchi amici erano in città per affrontare il Torino. E in estate a Boston, dopo l’amichevole che chiudeva i tour americani delle due squadre, ha abbracciato il presidente Pallotta che era sceso negli spogliatoi. Con Nainggolan poi, che scherzando aveva minacciato di non rivolgergli più la parola in caso di trasferimento alla Juve, passa ancora adesso molte vacanze insieme, tra Montecarlo e Dubai.

PROVOCAZIONI – Non riuscirà però a farsi perdonare dai vecchi tifosi. Anche per alcune frasi pronunciate con innocenza («Sono alla Juve perché volevo vincere, a Trigoria pensavamo di essere forti invece certe volte non eravamo presenti, qui sì») che hanno tracciato una distanza incolmabile. Stasera però sarà solo uno dei tanti avversari. E anche Nainggolan sarebbe lieto di dargli un dispiacere.

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