Perdere così lascerà dei segni. Sicuro ne valesse la pena?

Il Messaggero (A.Catapano) – Incredulità, è il sentimento con cui ieri abbiamo visto sbriciolarsi la Roma sotto il peso dei campioni norvegesi. Ma non era solo la disfatta della squadra a risultare incredibile. Anche perché, con tutto il rispetto per Diawara, Kumbulla, perfino per Pellegrini, avevamo già visto crollare così giocatori del calibro di Totti, De Rossi, Pjanic, Manolas ecc… Certo, il Bodo non è il Bayern, né il Barcellona, nemmeno la Fiorentina, dunque nessuno poteva prevedere una simile umiliazione.

La cosa più incredibile è aver visto un uomo che fino a ieri era annunciato ad ogni latitudine da un’aura di invincibilità, consegnarsi in quel modo ad avversari modesti e guardarli straripare senza riuscire ad arginarli. Si dirà che ci voleva la Roma delle figuracce internazionali, perché anche José beccasse un punteggio tennistico, dopo 1007 partite in cui una batosta del genere non l’aveva mai nemmeno immaginata. Ma non può bastare, deve esserci dell’altro.

Sono proprio le scelte del tecnico, e le parole pesanti come pietre con cui le motiva ormai in ogni post partita, a far venire il sospetto che qualcosa non torni nel rapporto tra Mourinho e la Roma. Si avverte un certo squilibrio tra un allenatore che si ritiene ancora il migliore al mondo e una squadra inadeguata al livello di chi la allena. E il guaio è anche ad ascoltare le interviste dello Special One questa spiacevole sensazione  aumenta col passare delle partite. In quattro mesi evidentemente i giocatori non sono riusciti ad avvicinarsi allo standard che l’allenatore pretende, né lui è riuscito a farsi crescere. La consapevolezza dei propri limiti non ha generato una serena rassegnazione in attesa di temi migliori, ma crescente frustrazione. Un problema, perché al mercato di gennaio mancano ancora tante partite e c’è tutto il tempo di scatenare uno psicodramma.

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