Palla al voto: la Roma tifa Giachetti, Milano si astiene

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Il Fatto Quotidiano (L.Pisapia) – Mentre i maggiori campionati esteri hanno chiuso la stagione in attivo, la Serie A nel 2015 ha presentato un passivo di 367 milioni, causa i bilanci negativi di Inter (140 milioni) Milan (91) e Roma (41). Per non parlare dei debiti, anche qui è in testa l’Inter (417 milioni), seguita da Juventus (251) e Roma (245), per un totale di 1,7 miliardi: di cui 1,1 finanziari, cioè verso banche, fondi d’investimento, etc., e 0,4 nei confronti dei fornitori. Più in generale, secondo il Report Figc 2015, il calcio professionistico italiano nel suo complesso (Serie A, Serie B e Lega Pro), con un valore di produzione di 2,7 miliardi ha aumentato dell’8,3% il suo indebitamento raggiungendo i 3,69 miliardi. Ma la politica non è messa meglio. Con un debito pubblico statale di 2170 miliardi di euro, e quello degli enti locali di 92 miliardi, il 19 giugno in diverse grandi città italiane si andrà al ballottaggio per eleggere il nuovo sindaco. Proviamo quindi a vedere se le future amministrazioni comunali potranno aiutare le squadre delle loro città, oppure se saranno per loro un ulteriore ostacolo. Pallotta incrocia le dita e “gufa” i Cinque Stelle. Cominciamo da Roma, dove il debito ha superato a quota 12 miliardi (di cui 9 di natura finanziaria), e dove si sfidano Raggi del M5S e Giachetti del Pd. Al 31 giugno 2015 la Lazio, al netto di 95 milioni di debiti, ha chiuso il bilancio in pari. Pesa però l’anticipo di 22 milioni alla voce “proventi televisivi da partecipazioni a competizioni Uefa“: soldi che al 31 giugno 2016 mancheranno quindi due volte, come ricavi e come nuovo anticipo dato che la Lazio non si è qualificata per l’Europa. La As Roma ha invece chiuso con meno 41 milioni di rosso, e debiti per 245 di cui 150 con Unicredit: parte del famoso prestito della banca a James Pallotta per permettergli di rilevare le quote societarie in mano alla banca stessa. Operazione di leve-raged buyout, nuova frontiera del calcio neoliberista che abbiamo già visto dal 2005 al Manchester United con i Glazer, non hanno versato una sterlina per l’acquisto del club ma ogni anno si spartiscono i dividendi, e a Liverpool con la FenwaySports Group, società di investimenti di Boston a cui è riconducibile lo stesso Pallotta. Al di là del perfetto esempio di proprietà calcistica post industriale, che il nuovo trend del calcio è la finanza speculativa, su Roma si apre il discorso stadio. Mentre il candidato Giachetti si è detto favorevole al nuovo stadio della As Roma, così come alle Olimpiadi 2024, la candidata Raggi è contraria a entrambe le opzioni. La questione stadi è dirimente per il futuro del calcio italiano. Di 1,8 miliardi di ricavi dell’intera Serie A, ben il 60% proviene dai diritti televisivi, una percentuale allucinante, anche perché in Premier League dove questi incidono intorno al 30% le squadre si dividono oltre 3 miliardi l’anno, qui grazie al sistema di potere di Infront meno di 1 miliardo, e le squadre dipendono totalmente da essi non essendo in grado di sviluppare commerciale, sponsor, marketing, merchandising e, appunto, gli stadi: vecchi (60 anni di media), vuoti (21mila spettatori a fronte dei 36mila inglesi) e improduttivi (in Inghilterra portano quasi 1 miliardo l’anno). Un giusto mix di investimenti pubblici e privati per la costruzione di nuovi impianti è quanto mai necessario, e la città di Roma sarà un importantissimo banco di prova. Questo ci porta a Torino, dove il 19 giugno si sfidano Fassino del Pd e Appendino del M5S, le cui posizioni sulle opere pubbliche sono speculari a quelle dei loro omologhi romani. Il cadeau del Comune agli Agnelli Qui con gli impianti siamo a posto: lo Stadio Olimpico (già Comunale) è diventato Stadio Grande Torino e dato in gestione pluridecennale al Toro (che ha chiuso il bilancio 2015 in sostanziale pareggio e con debiti a 12 milioni), mentre lo stesso Comune ha in pratica regalato i terreni della Continassa (a 0,58 euro al metro quadro) perché la Juventuspotesse costruire stadio e attività commerciali. I ricavi da stadio della società in orbita Exor nel 2015 sono stati di 51 milioni, unico esempio virtuoso in Italia, aiutando il club a chiudere il bilancio in sostanziale parità, anche se pesano debiti per 251 milioni. Inter e Milan guardano in Cina La cessione di terreni comunali a prezzo di favore però, non è la strada più auspicabile per risolvere il problema. E veniamo a Milano, dove si sfidano due candidati pressoché uguali come Sala (centrosinistra) e Parisi (centrodestra) e simile sembra anche il destino delle due squadre: la Cina, nuova superpotenza del calcio che dopo le società che gestiscono i diritti tv (Infront e MPeSilva) ha rilevato quote di Atletico Madrid e Manchester City e la proprietà di Aston Villa, Granada e Inter. Il Milan, tra le poche a presentare il bilancio al 31 dicembre, nel 2015 ha dichiarato una perdita di oltre 100 milioni e debiti di 219. Il tentativo di costruire un nuovo stadio sui terreni della Fiera ha lasciato solo penali milionarie da pagare. Mentre la società è dilaniata dalle lotte intestine, Fininvest spinge per vendere un asset che negli anni ha prosciugato oltre 800 milioni dalla holding e non ha più la spinta politica propulsiva di un tempo. Ma non si vedono compratori all’orizzonte. Dopo presunti sceicchi, oligarchi ed esotici tycoon, il clamoroso bluff di Mr Bee che valutava 1 miliardo una società che la stessa Fininvest ha iscritto a bilancio per meno della metà, anche la pista cinese si tinge di giallo: troppe voci e pochi fatti. Diverso per l’Inter, dove il Suning Commerce Group, colosso della vendita al dettaglio di elettronica ed elettrodomestici da 16 miliardi di dollari di fatturato, ha preso per 270 milioni il 68,5% delle azioni del club, mandando a casa Moratti e relegando Thohir a una quota di minoranza del 31%, che sarà diluita fino a scomparire entro il 2017. In vista del 31 giugno e del bilancio 2016 che dovrà essere sistemato dai cinesi, l’Inter ha chiuso il 2015 con un rosso di 140 milioni e debiti per oltre 400, di cui 230 venduti a Goldman Sachs e 100 contratti con lo stesso Thohir. Altro esempio di speculazione finanziaria nel calcio, il broker indonesiano se ne va dopo due anni avendo raddoppiato la posta. Né il candidato Parisi né tanto-meno Sala, l’uomo di Expo, sono contrari a nuovi impianti, questo dipenderà dalla solidità e dall’intenzione di investire delle nuove proprietà. In buona sostanza potremmo dire che As Roma e Lazio votano Giachetti per la questione stadio, mentre per Juve e Torino da una parte e per Milan e Inter dall’altra l’esito del ballottaggio è indifferente. A Torino perché il rapporto tra Comune e club sulla questione stadio è un ottimo esempio di come non fare le cose, ma comunque vadano le elezioni, sono già state fatte. A Milano perché i candidati si somigliano così tanto da essere uguali, come noi occidentali agli occhi dei cinesi nuovi o futuri proprietari.

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