La bulimia legislativa tiene sotto scacco le società calcistiche

Roma-Lecce curva sud PR

Dopo gli avvenimenti di inizio stagione riguardanti casi di discriminazione negli stadi, con conseguente chiusura di impianti, curve o addirittura soltanto settori di esse, si è innescata la polemica sulla possibilità che le società siano realmente ‘ostaggio’ di gruppi di tifosi, o sedicenti tali, in grado di distruggere l’immagine dei club e di provocare anche ingenti danni economici attraverso l’obbligo di giocare partite a porte chiuse per squalifica.
Il polverone degli ultimi giorni si è sollevato per la chiusura dello stadio del Milan per un turno “per avere”, come si legge nel dispositivo del Giudice Sportivo Tosel, “alcune centinaia di suoi sostenitori, alcuni minuti prima dell’inizio della gara, al 6° ed al 43° del secondo tempo, intonato un insultante coro espressivo di discriminazione territoriale nei confronti dei sostenitori di altra società” nell’ultima giornata di campionato disputata allo Juventus Stadium dai ragazzi di Allegri.
Tosel ha fatto riferimento all’articolo 62 delle N.O.I.F (Norme Interne Organizzative Figc) in cui si afferma che “è vietato introdurre e/o utilizzare negli stadi e negli impianti sportivi materiale pirotecnico di qualsiasi genere, strumenti ed oggetti comunque idonei ad offendere, disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni oscene, oltraggiose, minacciose o incitanti alla violenza o alla discriminazione razziale o territoriale”.

 

In questo caso secondo quanto riporta l’articolo 10 del Codice di Giustizia Sportiva, sono le società a rispondere in caso di violazione di questo divieto. La responsabilità è però esclusa “se altri sostenitori hanno annullato nell’immediatezza, con condotte che siano espressione di correttezza sportiva, l’offensività dei cori e delle altre manifestazioni. La responsabilità è attenuata se la società faccia quanto in sua possibilità per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione razziale o territoriale, ovvero altri sostenitori manifestino comunque, nel corso della stessa gara, la propria dissociazione da tali condotte illecite”.

 

L’amministratore delegato del Milan Galliani e il presidente della FIGC Abete hanno affermato che la necessità di rivedere questa norma è reale dal momento che così si favoriscono gli ultrà che vogliono danneggiare i club e le società sono praticamente inermi, impossibilitate a gestire ed arginare tale fenomeno. La domanda sorge spontanea: cosa rischiano realmente le società in questi casi?
Premesso che le società sono, come detto, in linea generale responsabili per i comportamenti discriminatori dei propri tifosi, la nuova norma distingue le conseguenze sanzionatorie tra prima violazione (e la sanzione sarà quella dell’obbligo di disputare una o più gare con uno o più settori privi di spettatori) e seconda violazione (oltre all’ammenda di almeno 50 mila euro per le società professionistiche e 10 mila per quelle dilettantistiche, si applicherà la sanzione minima dell’obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse). In caso di violazioni successive alla seconda, si applicheranno, congiuntamente o disgiuntamente, la sanzione della perdita della gara e quelle indicate dall’art. 18, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva tra le quali le più “pesanti” risultano essere l’esclusione dal campionato di competenza e la non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni.

 

E’ una bulimia legislativa tipica del nostro “bel Paese” con la quale anche le istituzioni sportive e nello specifico calcistiche dovranno ora fare i conti. Lo stesso Presidente dell’Uefa, Michel Platini ha sottolineato come questo tipo di illecito sia “contemplato solo dalla FIGC e dall’ordinamento sportivo italiano” e che “a livello di normativa UEFA non compare la parola discriminazione territoriale e simili”. In Inghilterra, Francia e Germania, invece, non esiste alcuna norma di tal tipo e in nessun caso si parla di discriminazione territoriali con sanzioni annesse.
Sarà giunta finalmente l’occasione per snellire questa normativa? Al prossimo consiglio federale l’ardua sentenza…

 

Matteo Luciani
Daniele Scasseddu

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