Negozi, servizi, palazzi e ponti. Tutti i nodi ancora da sciogliere

Corriere della Sera (F.Sarzanini) – È ormai tarda sera quando Virginia Raggi chiude con una battuta l’incontro in Campidoglio: «Adesso aiutatemi a fare lo stadio della Lazio». Prima di scendere in piazza parla al telefono con il presidente della Roma calcio James Pallotta: «Vi ringrazio per la disponibilità dimostrata e per la scelta di cambiare il progetto per venire incontro alle nostre richieste. Possiamo ripartire». Le parti esultano per l’accordo raggiunto. Ma basta entrare nei dettagli della trattativa per comprendere che su molti punti del capitolato bisognerà ancora discutere. E la partita politica — ma anche tecnica — appare tutt’altro che conclusa. La necessità di mostrare che il risultato è stato raggiunto costringendo i «palazzinari» a cedere soprattutto sulla parte legata all’impatto ambientale, certamente ha pesato sulla scelta di annunciare il patto siglato. Ma ora si entra nella fase più difficile, quella della realizzazione.

LA CONFERENZA DEI SERVIZI – Oltre al taglio della cubatura, sono state inserite una serie di clausole legate alla realizzazione delle opere pubbliche e alla costruzione dei negozi che cambiano in maniera pesante il progetto allegato alla delibera 132 firmata nel 2014 dall’allora sindaco Ignazio Marino. E dunque bisognerà preparare una nuova delibera, ottenerne l’approvazione e soprattutto riconvocare la Conferenza dei Servizi per le autorizzazioni. Su tutto questo, certamente peseranno i continui cambi di rotta del Movimento 5 Stelle, compresi quelli di Beppe Grillo, che appena qualche giorno fa aveva dichiarato: «Lo stadio si farà, ma non a Tor Di Valle». Una dichiarazione che secondo alcuni potrebbe essere legata alla titolarità dei terreni di Tor di Valle da parte della società Eurnova, che fa capo al gruppo Parnasi. Su quei lotti gravava infatti il fallimento della Sais, precedente società proprietaria e il processo per bancarotta nei confronti dei suoi titolari, ma i legali di Parnasi assicurano di aver dimostrato che «tutto è in regola» e non c’è alcun rischio legato alle eventuali ipoteche.

LE OPERE PUBBLICHE – Per andare incontro alle richieste dei grillini i «proponenti» (i rappresentanti della Roma calcio guidati da direttore Mauro Baldissoni, in rappresentanza di Pallotta e il costruttore Luca Parnasi) hanno accettato una riduzione del 50 per cento delle cubature e l’eliminazione di alcune opere come la cosidetta «bretella» sulla Roma-Fiumicino e un ponte sul Tevere. Ma proprio su questo potrebbero sorgere intoppi. Anche perché la costruzione del nuovo stadio è legata al prolungamento di un tratto della metropolitana e su questo le incognite appaiono numerose, soprattutto tenendo conto dei ritardi nei cantieri delle linee già approvate dalle precedenti giunte. Secondo alcuni esperti il cambio del progetto e l’eliminazione di alcune opere impone la chiusura dell’attuale Conferenza in maniera negativa ed è necessario convocarne una nuova. Dunque si deve ripartire dal nuovo progetto per ottenere le autorizzazione di tutti gli enti coinvolti. Una posizione che i «proponenti» contestano. Per questo annunciano che già lunedì chiederanno una slittamento della Conferenza, già fissata per il 3 marzo prossimo, di un mese «in modo da poter adempiere a tutte le necessità e partire subito con i lavori».

I NUOVI NEGOZI – Tra le nuove clausole inserite dal Campidoglio c’è quella legata all’apertura dei negozi. È infatti noto che oltre all’impianto sportivo il progetto prevede la costruzione di palazzi e un vero e proprio centro commerciale. Su questo la sindaca ha sottolineato ieri la necessità di aprire «bandi di quartiere» per la scelta del tipo di negozi da autorizzare. Una mossa che sembra andare incontro alle esigenze dei cittadini. Nel corso dell’incontro di ieri sera Raggi ha spiegato che dovranno essere gli abitanti del quartiere — estrema periferia della capitale — a indicare le priorità e su questo si procederà a concedere le autorizzazioni.

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