Così vicini, così lontani

Il Messaggero (A. Sorrentino) –  Nel torneo delle forze declinanti e delle rose troppo leggere, c’è ancora margine di speranza per chiunque, per le tre che sognano lo scudetto e per le cinque che sprintano per un posto in Champions. Roma e Lazio, a quattro giornate dal derby del 20 marzo, guardano la classifica e sanno che mettendosi alle spalle problemi e magagne, dopo una stagione fin qui più in scuro che in chiaro, il quarto posto sarebbe ancora alla portata.

Così vicine, separate da due punti, eppure così lontane, si direbbe. L’ultimo mese, con la conclusione deludente del mercato (più per la Lazio, si pensava) e la ripresa dopo la mini-sosta, ha scavato solchi esistenziali e di risultati. La Lazio in tre gare ha colto 7 punti e la Roma appena 3, tutti pareggi malinconici, lei che non pareggiava mai perché preferiva buttarsi nel fuoco, o la va o la spacca.

Si è arrivati all’ultima di campionato con Mourinho e Sarri avvinghiati alle loro abitudini, al loro modo di essere o di farsi notare, eppure scossi da sensazioni diverse. José sempre in piedi ai limiti dell’area tecnica che fa il gesto del telefono all’arbitro Pairetto, esce schiumando rabbia per la milionesima espulsione in carriera e per una squadra che gli si sta sfarinando addosso; Maurizio seduto e chino sui suoi appunti, a guardare da sopra gli occhiali una squadra senza molti titolari che rischia di vincere a Udine.

La Roma sembra in crisi di rigetto da Mourinho, l‘entusiasmo per Oliveira e Maitland-Niles è durato il tempo di un caffè ristretto e ha alimentato dubbi sulle reali strategie della proprietà, il tecnico stesso pare aver smarrito la capacità di incidere su una squadra ora afflitta da scarsa coesione, precipitata a -9 rispetto a un anno fa e piantata in campo: è ultima in A per km percorsi, col settimo attacco e settima per assist, un anonimato grigio, invece nei primi mesi era assai più vivace.

Di segnali allarmanti ne piovono a iosa, compreso quello di Zaniolo ed El Shaarawy in libera uscita danzante pochi minuti dopo la partitaccia col Verona: cose del genere, ai tempi del Mourinho Imperator, non sarebbero accadute o sarebbero state punite con severità draconiana. Ma chissà cosa passa per la testa di Mourinho, in questi giorni, e chissà quanta voglia gli è rimasta di cavalcare il progetto. Lo capiremo subito, dalle prossime partite, dall’atteggiamento della squadra. In un campionato simile, basterebbe un filotto di vittorie, diciamo tre, per modificare tutti gli scenari. Ne può essere capace, questa Roma?

 

 

 

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