Mou e Paolino uniti per sempre

Corriere dello Sport (I. Zazzaroni) – Non ricordo di aver mai visto nulla di simile. Una tifoseria che, al di là di una non trascurabile politica degli sconti, riempie lo stadio – tra le 60 e le 65mila presenze a partita – per diciannove volte di fila, compreso un ottavo di coppa Italia contro una squadra di B, pur se nobile. E lo riempie a prescindere. Per comprendere meglio l’eccezionalità della striscia, ricordo un solo precedente: l’ultima volta che la Roma (allenatore Di Francesco) giocò a porte aperte un ottavo dello stesso torneo, il 14 febbraio 2019 avversaria l’Entella, anch’essa in B, gli spettatori furono 21mila, ovvero un terzo di quelli di ieri sera.

Ora il tifoso non si preoccupa troppo della qualità dello spettacolo, che non è eccezionale, né dei risultati. Si va allo stadio e basta. Il cambiamento di umore e atteggiamento non mi sorprender. C’è qualcosa di vagamente inglese nella stagione mourinhana: la gente partecipa all’Olimpico per lui, la guida che esalta i colori. Per un tecnico che dà gusto avere sulla panchina della propria squadra.

Mourinho è ormai il centro di tutto: è l’immagine della Roma, la sua sostanza. Ci mette la faccia, non sempre la migliore, e non si preoccupa del prestigio conquistato in oltre vent’anni di grande calcio. Si siede e segue Roma-Genoa, soltanto uno dei tanti episodi della saga nel quale Mou e Dybala marca nuovamente la differenza. Loro sono la diversità e fanno continuamente i conti con essa.

La superiorità non è mai stata in discussione. Al punto che, come detto, Mou si è alzato una sola volta dalla panchina, quando Paolino ha subìto un colpo: ha mostrato un distacco per certi versi preoccupante. Un filo d’aria di libertà e di autonomia avrebbe il diritto e il dovere di concederselo: un giorno capirò (capiremo) il motivo di tanto silenzioso aziendalismo.

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