Montali: “Totti-Spalletti? Non si sono capiti. E’ mancata una terza figura che gestisse i rapporti”

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Gian Paolo Montali, ex dirigente della Roma, ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport (E.Intorcia) in occasione dell’uscita del suo nuovo libro: “Il parafulmine e lo scopone scientifico. Come diventare un vero leader nel lavoro e nella vita“. Queste le sue parole:

Gian Paolo Montali, capi si nasce o si diventa?
«Esistono persone con spiccate qualità che favoriscono la capacità di condurre persone e governare gruppi, che siano sportivi o aziendali. Però questo talento non è sufficiente: per creare una leadership che sia continuativa, efficace e performante, occorrono tre cose: lavoro, lavoro e… lavoro. Si può diventare capi. E chi diventa leader con il lavoro, lo studio e il miglioramento, non perde questa attitudine».

Nel suo nuovo libro utilizza la metafora del gioco delle carte: perché?
«Parto da un episodio di cui sono stato “vittima”, una partita in un bar di campagna, dove gli anziani giocano a scopone in un clima da Maracanà. Una metafora per parlare di chi pensa di avere talento ma in realtà non ce l’ha».

La leadership deve essere per forza autoritaria?
«Non esiste un modello unico, l’importante è non confonderà l’autorità con l’autorevolezza. I giocatori vogliono scoprire due cose del loro capo: se conosce la materia e se è una persona vera. Mai fingere ciò che non sei».

Allegri che leader è?
«Autorevole e molto carismatico. La stagione poteva diventare fallimentare, si è chiusa con un successo. Lui è una persona vera e i giocatori lo riconoscono. E poi la sua strategia è stata vincente: ha continuato a pensare in grande ma ha guardato in piccolo. Non ha chiesto di scalare il Monte Bianco da zero ma ha indicato un cammino un metro alla volta: così arrivi in cima».

E Conte, invece?
«Il suo è un modello diverso nello stile, non nel risultato finale. Il suo problema è la metodicità, e io che sono stato ct lo so: hai poco tempo a disposizione con i calciatori e non puoi incidere. Diciamo che ci sono tecnici portati a fare l’allenatore di un club e altri che vedrei bene anche come selezionatori, penso ad Ancelotti e Allegri. Guardate anche Ranieri che fatica che ha fatto con la nazionale greca…».

Ranieri ha spinto il gruppo Leicester oltre ogni limite.
«E’ uno carismatico, che porta le persone a fare quello che non erano in grado di fare. Sul Leicester non dico niente per scaramanzia, è un mese che che non stiamo messaggiando… Alla Roma io e Claudio siamo stati campioni fino al gol di Milito a Siena».

Avere nel gruppo uno come Buffon aiuta?
«Ha spiccate doti da leader, lo vedi ogni volta che parla: un vero allenatore in campo e dentro lo spogliatoio. Lui è un valore aggiunto per il tecnico. E Gigi può fare qualunque cosa in futuro: allenatore, dirigente, anche d’azienda».

Spalletti-Totti: cosa pensa della gestione del capitano?
«Sono legato a Francesco e conosco molto bene Spalletti: stimo entrambi. Francesco è una persona straordinaria al di là del genio calcistico che per me lo rende un artista. Spalletti in Russia è diventato un vero manager. Credo ci sia stato un misunderstanding, perché non capisco come si faccia a non andare d’accordo con Totti e soprattutto a non parlargli. E’ mancata una terza figura che gestisse i rapporti».

Ma Totti giocherà ancora un anno nella Roma?
«Gli auguro di fare quello che sogna di fare. E la sua felicità sarà la mia».

Quali sono i modelli che apprezza?
«Mourinho, a proposito del quale racconto alcuni episodi inediti. Ma vado oltre il calcio: Phil Jackson, allenatore di basket, e Daniel Barenboim, direttore d’orchestra. Si può essere leader in qualunque campo».

Il calcio italiano avrebbe bisogno del supporto del coaching?
«La scelta delle persone nei posti di comando può fare la differenza. Abbiamo perso appeal. Le vittorie non dipendono solo dai giocatori ma dall’organizzazione: è per questo che ci sono squadre che vincono sempre e altre no. Per migliorare il prodotto calcio bisogna fare sistema, e lo crei solo con persone intelligenti che lavorano nella stessa direzione. Mi sembra che le componenti, come Lega e Figc, non siano state convergenti negli ultimi anni».

La sua nuova sfida è la Ryder Cup 2022.
«Un evento straordinario, l’Italia dovrà dimostrare di saper allestire la terza manifestazione sportiva più importante al mondo, dopo i Mondiali di calcio e le Olimpiadi. Il successo dipenderà dal sistema che riusciremo a creare: l’apporto del Governo, il lavoro della Federazione e dei circoli, la crescita dei giocatori».

Giocatori che potrebbero andare sul green a Roma 2024…
«E’ importante che la Ryder diventi un modello di eccellenza, può essere un biglietto da visita per le Olimpiadi a Roma. Possiamo dare visibilità a questo Paese attraverso lo sport, che non è mai visto come un valore. Se riuscissimo ad avere i Giochi, fino al 2024 ci saranno gli occhi del mondo sull’Italia».

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