Monchi. La gestione dei nuovi arrivi

Corriere dello Sport (E.Marini) – Esperto di mercato come pochi, Monchi nel corso degli anni ha stabilito una serie di principi che gli hanno permesso di portare il Siviglia tra le migliori squadre d’Europa. Ma c’è un “comandamento” del ds spagnolo spesso dimenticato, il suo lavoro non finisce alla firma del giocatore, parliamo del cosiddetto dipartimento di risorse umane. Per Monchi è fondamentale valorizzare l’investimento del club e per farlo è necessario facilitare il più possibile l’adattamento del calciatore alla nuova squadra e alla nuova città. Un aspetto che per Monchi è quasi una pietra angolare, forse anche per il suo passato da portiere in cui ha vissuto sulla sua pelle la difficoltà di trovare spazio in campo.

ADATTAMENTO – Una fase difficile solo per alcuni giocatori, ma che Monchi ha saputo semplificare grazie a un’organizzazione perfetta che prevede fin dall’arrivo la messa a disposizione di una specie di segretario personale che si occupa di sbrigare le pratiche più complesse e permette al giocatore di concentrarsi fin da subito solo nel calcio. Per prima cosa il giocatore viene accolto da una persona dello staff che parla la sua lingua che indaga su quali siano le sue necessità: dal tipo di casa, alla scuola per i figli fino agli interessi culturali della sua famiglia. Poi gli viene spiegata brevemente la storia del club e della città. Non una novità diranno in molti, eppure Monchi ha affinato come nessun altro il primo contatto col nuovo arrivato. Un esempio perfetto è quello di Jovetic che a 48 ore dallo sbarco a Siviglia riusciva nell’impresa di segnare al Real Madrid nella sua prima partita ufficiale. Merito del giocatore e del tecnico, ma anche Monchi ci mise lo zampino motivando il montenegrino con la visita della madre, portata fin quasi negli spogliatoi come confessa il ds dalle pagine del libro: «La mia preoccupazione maggiore era che la madre di Jovetic che era venuta allo stadio potesse salutare il figlio». Uno stratagemma frutto della conoscenza del giocatore che Monchi aveva compreso meglio di chiunque altro perché secondo lui l’ex-nerazzurro soffriva di un “deficit d’affetto”. Una mancanza che soffriva ai tempi dell’Inter e che sembra sparita nel Siviglia dove Jovetic ha realizzato ben 7 reti e 5 assist in pochi mesi. Perché il calcio, per Monchi, non è fatto solo di numeri, di soldi o di statistiche, ma soprattutto di uomini che hanno dei sentimenti che influiscono direttamente sul loro rendimento. Come nel caso di Kiyotake giapponese promettente che, svela il ds, chiese di tornare in patria dopo una depressione per la morte di un familiare.

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