“Mister” Al Pacino fa sognare la magica

Il Tempo (F. Storace) – Ci piacciono ‘sti americani che hanno fatto il colpaccio, altro che il Manchester già dimenticato. Si guarda a domani, l’orizzonte è giallorosso. E lasciatecelo sperare, raccontare, vivere questo sogno di resurrezione che è di una squadra e anche di una città. Di quella parte di Roma che si era intristita e ora risorge orgogliosa.

È l’effetto che provoca Mou lo Special One; è l’abbinata partorita in gran segreto dalla famiglia americana arrivata seconda. I Friedkin, e Pallotta già è bello che dimenticato. La trattativa di quelle che esplodono come uno tsunami, la borsa che si impenna, i social che impazziscono. Le mitragliate di gioia sparano in alto sul web, la Capitale è già in festa.

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E scopre che chi guida la società giallorossa è tutt’altro che un chiacchierone. Tentavamo di studiare gli schemi di mister Sarri al posto di Fonseca ed arriva il botto portoghese. Spariti quelli che gridavano “volevo morì prima”. L’emozione divampa. Lo scudetto dell’Inter, quasi una vendetta nella storia personale del nuovo allenatore romanista, praticamente oscurato. Mourinho è la scossa che serviva, fedele al personaggio che ami o odi. Odiato quando allenava tutti gli altri, amato ora che sta di qua.

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Ritroveremo Roma mondana, torneranno in servizio i professionisti in celluloide, i fotoreporter della Dolce Vita, sarà una gara ad accalappiarne l’amicizia, la confidenza, la spaghettata. Quello di Mourinho nella Capitale sarà un amore che scoppia improvviso, quasi inaspettato, ma destinato. Al governo converrà davvero abolire il coprifuoco. Poi, ma anche prima, il team, la squadra.

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Dobbiamo immaginarlo nello spogliatoio come al Pacino, ma gli diano i giocatori, e non ci può essere dubbio che così sarà. Tecnico vincente e motivatore senza eguali, Mourinho rappresenta un mix perfetto per una piazza calda come Roma che può puntare su di lui per tornare ad essere finalmente protagonista e magari a vincere. “Non so cosa dirvi davvero. Tre minuti, alla nostra più difficile sfida professionale. Tutto si decide oggi. Ora noi o risorgiamo come squadra o cederemo un centimetro alla volta, uno schema dopo l’altro, fino alla disfatta. Siamo all’inferno adesso signori miei. Credetemi. E possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi, oppure aprirci la strada lottando verso la luce. Possiamo scalare le pareti dell’inferno un centimetro alla volta“. Ma sì, tra Al Pacino e Mourinho tutta questa differenza non c’è.

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