Lorenzo il magnifico: “Il mio sogno ora è realtà”

La Repubblica (F. Vanni) – Sarà la partita più importante della mia vita” ha detto alla vigilia. E lo si è visto quando, nel tunnel che porta al campo, non smetteva di tormentare il povero gagliardetto giallorosso. Prima arrotolato, poi strizzato, infine piegato a metà come una pizza a portafoglio. Che fosse un fascio di nervi, Lorenzo Pellegrini lo ha confermato facendosi ammonire per proteste, con la Roma in vantaggio, in un momento in cui protestare aveva poco senso.

Eppure il capitano non si è perso. Come tutta la Roma, forse più di tutta la Roma, ha dimostrato di sapere gestire il peso di una finale vera. Ha anche rischiato di segnare e se solo fosse riuscito a portare la palla sul suo piede probabilmente lo avrebbe fatto. Ora tocca a lui guidare la festa, a Lorenzo da Cinecittà, che l’ultimo trofeo vinto dalla Roma – la Coppa Italia del 2008 – lo aveva festeggiato “a casa, coi miei, che come sapete sono tutti romanisti“.

Una famiglia giallorossa che ha temuto per lui, quando un’aritmia cardiaca ai tempi dei Giovanissimi rischiò di troncargli la carriera, e che ora festeggia il coronamento di una stagione fantastica. Con il gol al Trabzonspor del 19 agosto scorso Pellegrini è diventato il primo giocatore italiano ad essere andato a segno in tutte le tre competizioni Uefa. Nella conferenza di presentazione della gara di ritorno, di lui Mourinho disse: “Se avessi tre Pellegrini in rosa, li farei giocare tutti e tre”.

È un giocatore molto funzionale, può giocare in vari ruoli e lo ha fatto anche domenica contro la Fiorentina. Lorenzo è intelligente, capisce il gioco e le idee dell’allenatore. Sa fare tutto, il capitano. Qualche esperimento da difensore da ragazzino, gli anni da mezzala nel Sassuolo, poi la collocazione da trequartista. Trovata la sua casella in campo, non si è più fermato. Quest’anno, a 26 anni, si gode la maturità. Ha sbagliato pochissimo e in Conference League ha spesso fatto la differenza.

La maglia numero 7 di Bruno Conti. Il posto in campo di Radja Nainggolan, con qualche ovvio adattamento tattico. Ma soprattutto la fascia al braccio, che ne ha fatto l’ultimo esponente di quell’aristocrazia di capitani romani e romanisti che ha il suo simbolo vivente in Totti. “Tanti bambini parlano con i supereroi, altri con i protagonisti dei cartoni animati. Io, semplicemente, parlavo con Francesco Totti“, ha scritto qualche tempo fa su Facebook, dopo avere tratteggiato il suo rapporto con la città, “Le luci calde, i motorini sul Lungotevere, le lettere sciupate sui cartelli stradali. Lei sta lì, vicina, e non ti lascia per niente al mondo. Con lei balli anche senza musica“.

Ora all’amore ricambiato per una città e per una squadra ha aggiunto un titolo vero. Una pagina chiusa. L’ha voltata lui.

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