Lanzalone non entra nello staff di Montuori. E la parcella sulla consulenza diventa un caso

Corriere Della Sera (A.Arzilli) – «L’avvocato Luca Lanzalone non sarà nello staff di Luca Montuori». Raggi lo chiarisce mentre presenta il nuovo assessore all’Urbanistica, Luca Montuori. Nel cui staff non figurerà quindi il Mr Wolf arrivato da Genova su chiamata del segretario generale Pietro Paolo Mileti (e input di Grillo e Casaleggio, ovviamente) con l’obiettivo di sbrogliare la matassa sullo stadio della Roma per conto del Campidoglio. Il punto è: a che titolo Lanzalone ha diretto i lavori dei tavoli tecnico-politici del Comune con la Roma e Luca Parnasi? E a quale prezzo è stata pagata la sua consulenza che ha portato alla tanto sospirata quadra politica sul progetto di Tor di Valle? Il che è proprio quanto chiedono le opposizioni in un’interrogazione urgente (Andrea De Priamo, consigliere in quota FdI, primo firmatario) con all’oggetto «attività e funzioni dell’avvocato Luca Lanzalone nell’Amministrazione capitolina» che sarà discussa oggi in Assemblea. La questione non è affatto banale, soprattutto perché relativa ad una delle grane che ha spaccato la città e lacerato internamente pure il M5S, adesso a trazione «morbida» con il duo Bergamo-Montuori ma con ancora un gruppetto di consiglieri «berdiniani».

Ma anche perché il 48 enne Lanzalone è già stato mattatore in un successo a Cinque Stelle, a Livorno sul fronte Aamps, cioè l’azienda locale dei rifiuti. Nell’occasione è stato il delegato del sindaco grillino Filippo Nogarin e pure lì grazie all’imbeccata dei vertici nazionali del Movimento. E per la sua regia vincente sul concordato, l’avvocato della Lanzalone & Partners ha incontrato non pochi problemi per giustificare una parcella che secondo i revisori dell’azienda livornese dei rifiuti aveva profili di irregolarità in quanto, questa la denuncia, spacchettata per non attivare il meccanismo della gara e ricorrere all’attribuzione diretta. Cifre e modalità di saldo finirono infatti anche sui banchi del Tribunale di Firenze, un dossier di 60 pagine che allegava il sospetto di «elusione» della legge: 150 mila euro il totale del lavoro, ripartito in 90 mila euro per l’assistenza al concordato, 7 mila euro per l’assistenza penale più 34.500 euro come consulenza nel diritto al lavoro. La scorse settimana il ricorso dei revisori è stato giudicato inammissibile dai giudici fiorentini, ma in un anno di lavoro a Livorno le polemiche sull’ingaggio di Luca Lanzalone si sono accavallate. Puntualmente spazzate via grazie alla vittoria politica. In Campidoglio, però, la questione Lanzalone è ancora aperta. Ad oggi non c’è traccia di documento che inquadri il suo ruolo. E oggi, forse, arriverà il chiarimento.

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