La Repubblica (L. D’Albergo) – Visto e vissuto come un’invasione indebita, il Saudi Village minaccia di diventare un vero incubo per l’amministrazione capitolina e restare a lungo impresso nella storia della consiliatura Gualtieri. Nel setting della Casina Valadier, dopo il “no” del Campidoglio all’allestimento della vetrina saudita al Circo Massimo, è andato in scena l’incontro che dovrebbe portare i principi d’arabia a imprimere il proprio nome sulla maglia della Roma, la squadra per cui peraltro batte il cuore del primo cittadino.

Oltre alla fede, però, c’è la politica. E la diplomazia. C’è Expo, il maxi-evento che la Capitale si contende con Riad e per cui, come si dice a palazzo Senatorio, “ci sono ancora possibilità di successo“. Un’impressione esternata pubblicamente anche dal sindaco durante le visite parigine al Bureau international des Expositions e forse proprio per questo rintuzzata con le maniere forti dai sauditi: prima il Village alla Casina simbolo di Villa Borghese, ora l’idea di prendersi la Roma di Mourinho, Dybala e Lukaku a meno di due mesi della votazione che il 28 novembre deciderà la città destinata a ospitare l’edizione 2030 dell’Expo. Una mossa che – forza dei petroldollari – può incidere sulla consultazione al Bie.

Perché quelle che sono arrivate fin qui tra le mura domestiche, a Villa Borghese, e adesso minacciano di far capolino sulla maglia della Roma non sono esattamente dei regali per il Campidoglio a trazione piddina. Dove il rischio concreto è quello di arrivare all’appuntamento di fine novembre con una spiacevole sindrome di accerchiamento.