La Gazzetta dello Sport (A. Pugliese)Tutti coinvolti, nessuno escluso. Lo dimostrano i numeri, i gol, ma anche le scelte e le prestazioni. Insomma, la Roma di Daniele De Rossi non è solo una squadra da Champions (da quando c’è lui i giallorossi hanno fatto 19 punti in 8 gare di campionato, come il Bologna e peggio solo del carrarmato Inter, con 24 punti), ma è anche un gruppo in cui ognuno trova la sua luce. E il suo modo di rendersi utile.

Gli ultimi della serie sono stati proprio Hosseum Aouar e Diego Llorente, di fatto due gregari, che a Firenze hanno tirato fuori la Roma dalle sabbie mobili e le hanno regalato un punto d’oro. Sia per la classifica, sia per l’entusiasmo, il morale e l’autostima, a livello individuale e di squadra. Per capire quanto De Rossi voglia tenere tutti dentro il suo progetto basta andarsi a vedere le sue scelte iniziali nelle 11 partite (8 di campionato e tre di Europa League) in cui finora ha condotto la sua Roma.

Ebbene, non ce n’è mai stata una uguale all’altra: undici formazioni diverse, tante rotazioni, anche un tourbillon di moduli. La Roma cambia spesso pelle, sia dal via sia in corsa. Ma cambia anche spessissimo gli interpreti, seppur – come è ovvio – ci sia un gruppo di fedelissimi. Insomma, finora dal via l’allenatore della Roma non ha mai scelto gli stessi undici, anche perché inizialmente era senza due pedine come Aouar (solo per la sfida iniziale con il Verona) e Ndicka, impegnati nella Coppa d’Africa.

L’algerino ha trovato il suo momento di gloria proprio a Firenze, l’ivoriano da quando è tornato si è preso il posto da titolare e non lo ha mollato più. Del resto, la vittoria con la Costa d’Avorio in Coppa d’Africa gli ha regalato un carico di fiducia incredibile, Evan è tornato a Trigoria che sembra un giocatore molto più sicuro di sé. E poi i moduli, con il cambio della difesa da 4 a tre (anche se quest’ultima sembra destinata a scarsa fortuna) e le tante varianti: 4-3-3, 4-2-3-1, 4-3-2-1, 4-4-2 in corsa, ma anche 3-5-2 e 3-4-2-1.