La Gazzetta dello Sport – Keita sul trono: sbaglia solo 4 passaggi

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Vince chi fa meno. Per intenderci: la Juve ha meno possesso-palla (43,9 per cento contro il 56,1 per cento della Roma), effettua meno passaggi (407 contro 535), meno tocchi (592 contro 704) e meno lanci (41 contro 81). Eppure a festeggiare sono i bianconeri che magari, sul piano strettamente tecnico, non incantano, ma dimostrano solidità e carattere d’acciaio. I ricami giallorossi, dove e quando ci sono, abbelliscono senza tuttavia accecare l’avversario. Ci sono due uomini che, più degli altri, rappresentano lo scenario dello Juventus Stadium: Andrea Pirlo da una parte e Seydou Keita dall’altra. Entrambi piazzati davanti alle rispettive difese, anche se con compiti diversi, dimostrano che il medesimo lavoro si può fare in tanti modi. Pirlo, al rientro, cerca di dare ordine e geometrie alla Juve che, ultimamente, soffriva un po’ per la mancanza di giocate artistiche in mezzo al campo. Keita, invece, come al solito, si fa interprete delle intenzioni di Garcia: mediano di rottura, quando serve, e d’impostazione quando si deve cominciare la manovra e dare l’avvio al tiqui taca giallorosso.

 

CLASSE PURA  A conti fatti Keita surclassa Pirlo cui, tuttavia, bisogna riconoscere che torna in campo dopo un lungo periodo d’inattività e gli ingranaggi del suo corpo non possono essere oliati alla perfezione. Keita, comunque, fin dall’inizio si siede sul trono e comanda le operazioni.


Tocca 93 palloni, è il giocatore più impegnato di tutti quelli che sono in campo, e li gestisce con la saggezza che gli deriva dall’esperienza e con la classe che è figlia di madre natura (d’altronde lui faceva calcio con Xavi, Iniesta e Messi…)
. Sono 73 i passaggi effettuati e, questa è la cosa davvero sorprendente, soltanto 4 sbagliati. Direte: sono tocchi ravvicinati. Assolutamente no, Keita è uno che si muove con disarmante facilità nel traffico, le sue gambe arrivano ovunque e, quando è il caso, ci pensa lui a imbeccare i terzini o le ali che si fiondano lungo le fasce laterali: 10 lanci riusciti, nessuno dei suoi compagni gli si avvicina. A confermare l’efficacia del suo stile di gioco ci sono pure i 6 palloni intercettati e 7 recuperati. Mediano vero, dunque, di quelli che affrontano l’avversario senza paura e non tolgono mai il piede. 

QUESTIONE FISICA  Pirlo non è altrettanto preciso. Tocca 73 palloni, che sono pochi per uno come lui, effettua 56 passaggi, ma ne sbaglia addirittura 11: ciò si spiega anche con la condizione atletica imperfetta. Se non sei a posto fisicamente, ti viene a mancare la lucidità e, di conseguenza. la precisione. A conferma di questa impressione, ecco i 21 palloni persi: tanti, troppi, nonostante Pirlo sia uno che rischia sempre e cerca in ogni momento l’apertura illuminante. A vantaggio del regista bianconero ci sono i 5 palloni recuperati: lavorare da operaio non è il suo mestiere, però lui non si tira indietro e dà una mano ai compagni. La Juve, con Pirlo, prova a battere strade nuove rispetto all’inizio di stagione: i 6 lanci del regista per imbeccare gli esterni e gli attaccanti dicono che i bianconeri non vanno avanti soltanto con i passaggi ravvicinati e con i triangoli stretti. Non è ancora il miglior Pirlo, è vero, ma uno così è sempre meglio averlo come compagno piuttosto che come avversario. E Allegri lo sa: la sua Juve, per fare il salto di qualità anche in Europa, ha bisogno del suo direttore d’orchestra. Come la suona lui, la musica, non la suona nessuno…

 
La Gazzetta dello Sport – A. Schianchi

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