Il grande caos in Figc. Toh, la Lega è spaccata. Lotito prova a candidarsi

La Gazzetta dello Sport (M.Iaria – A.Catapano) – Un déjà vu in via Rosellini. La Lega Serie A promette di fare da traino politico, oltre che economico, di tutto il movimento calcistico, rivendica più centralità in Federazione, convoca presso la sua sede le altre componenti per provare a indirizzare il voto del 29 gennaio, ma poi finisce per litigare. Dividersi. Spaccarsi. E, ovviamente, non decide nulla. Il commissario Carlo Tavecchio, al termine dell’ennesima estenuante giornata, sfuggita di mano anche a lui, si presenta alle telecamere e ammette: «L’assemblea non si è pronunciata su una candidatura a presidente Figc né su un’alleanza». Dunque, società lacerate, nonostante i buoni propositi, anche sulla scelta di un candidato più digeribile di altri, che alla vigilia era stato individuato in Cosimo Sibilia, ma alla fine ha più l’identikit di Gabriele Gravina, l’unico a presentarsi al cospetto della commissione con un programma già scritto e molto apprezzato. Così, è avvolta nel caos l’intera contesa elettorale, innescata dall’eliminazione dell’Italia dal Mondiale e dalle conseguenti dimissioni di Tavecchio. A due mesi di distanza dalla disfatta azzurra, il sistema rimane prigioniero di veti ed egoismi, incapace di un sussulto di dignità.

LA MOSSA DI CLAUDIO – Domani scadono i termini per presentare le candidature: non solo restano in campo Gravina (acclamato ieri dall’assemblea di Lega Pro), Sibilia (designato oggi all’unanimità dai 90 delegati della Dilettanti) e Damiano Tommasi, ma punta ad aggiungersi in corsa perfino Claudio Lotito il quale, pur in presenza di una divisione profonda in Lega, ha trovato le firme per candidarsi. Tecnicamente basta la maggioranza di una componente, e il presidente della Lazio giura di avere 11 società (forse 12) dalla sua parte, comprese Napoli e Sampdoria che alla vigilia erano date sull’altro fronte. In assemblea i cosiddetti «riformisti» gli hanno suggerito di non compiere quel passo in avanti. Beppe Marotta è stato chiaro: «È inopportuna la tua candidatura perché non è condivisa dalla Lega». Idem Urbano Cairo, che gli ha risposto così: «Dici che il problema sei tu? No, Claudio, non ne faccio una questione personale. Ti apprezzo come presidente della Lazio e imprenditore ma per me non puoi rappresentare il rilancio del calcio italiano perché non ho condiviso la tua gestione della Lega negli ultimi anni». A quel punto, gli alleati di Lotito hanno chiesto ai dirimpettai di proporre un nome alternativo. Nulla da fare. La Lega, intesa nella sua collegialità, ha deciso di non decidere, ma Lotito vuole candidarsi ugualmente alla presidenza Figc, probabilmente anche perché non riesce a trovare i 14 voti necessari a farsi eleggere consigliere federale. Si giocherà davvero la partita? È convinto di avere più della metà dei voti della A (quindi il 7-8%), la B (che pesa per il 5%), un pezzetto di Lega Pro (vale il 17%), e un’alleanza in tasca con la Lnd che gli spianerebbe la strada.

ORA LE ALLEANZE? – Le cose, però, non stanno esattamente così. Sibilia caldeggiava una convergenza sulla o dalla Lega di A, e con questo spirito ha portato ieri mattina a Milano il suo 34%, nella speranza di ingolosire i suoi interlocutori. Cosa assai diversa è darlo in dote ad una candidatura personale di Lotito, anche mediaticamente di difficile gestione. Perciò, oggi Sibilia va ritenuto un candidato a tutti gli effetti, convinto di poter andare fino in fondo, ma al tempo stesso consapevole che ora ricomincia la partita delle possibili alleanze. Già questa mattina, con Damiano Tommasi che sarà presente all’assemblea della Lnd potrebbe tornare a discutere dell’ipotesi di indicare in extremis Demetrio Albertini, in risposta a Lotito: l’ultimissimo tentativo di trovare il famoso candidato esterno su cui far convergere Dilettanti, Calciatori e Lega Pro, ma è un tentativo molto complicato.

ATTENZIONE… – Se Lotito scenderà davvero in campo, la corsa al voto federale del 29 gennaio scatterà con quattro candidati. Davvero troppi, per immaginare qualcosa di buono per le sorti del calcio italiano. Due mesi fa invocavano tutti la necessità di un governo di larghe intese, oggi vanno tutti dritti verso l’ingovernabilità. Restano due settimane per chiudere alleanze e comporre maggioranze. L’impressione è che almeno uno mollerà a partita in corso. Altrimenti, si consegneranno ad un bel commissariamento del Coni, che sotto sotto perfino qualche club di A comincia ad auspicare.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti