Il caso manichini. La Bindi avverte: «Come la malavita»

La Gazzetta dello Sport (A.Catapano) – Il giorno dopo, della macabra perfomance laziale all’ombra del Colosseo resta l’indignazione, mentre l’inquietudine, se possibile, aumenta. Striscione minatorio e manichini appesi con le maglie di Salah, De Rossi e Nainggolan. Una messa in scena degna delle peggiori faide messicane, un’orrenda ostentazione di virilità ultrà, per qualcuno anche un regolamento di conti interno all’estrema destra romana. Di certo, nulla a che fare con gli sfottò che un tempo, ormai lontano, caratterizzavano i post-derby della Capitale, ma una tecnica assai più vicina agli avvertimenti criminali.

MONITO – In questo senso, deve far riflettere il monito lanciato ieri da Rosy Bindi, deputato Pd e presidente della Commissione parlamentare antimafia che da mesi prova a far luce sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel calcio italiano. «Le indagini faranno il loro corso ma l’episodio non si può sottovalutare – avverte la Bindi –. In uno spazio pubblico e simbolico della città di Roma è stata messa in scena una macabra intimidazione. È intollerabile. Il tifo dovrebbe essere espressione di una passione sana e giocosa e invece si moltiplicano minacce e insulti ai giocatori, sempre più sotto tiro». Poi, l’avvertimento più inquietante, probabilmente figlio anche delle risultanze emerse dalle indagini sui rapporti tra Juventus e ultrà in odore di ‘ndrangheta: «Le tifoserie stanno mutuando comportamenti violenti e intimidatori molto simili a quelli della criminalità organizzata e il confine si fa sempre più labile, come stiamo registrando anche nella nostra inchiesta».

CRITICITÀ – Parole che pesano come macigni. La deriva becera in cui sembra essersi abbandonato il calcio italiano, del resto, in certe piazze contiene anche profili di pericolosità. Le criticità di Roma sono state ben sintetizzate anche recentemente dal capo della Polizia Franco Gabrielli, proprio nell’audizione di mercoledì all’Antimafia: «Il 27% degli abbonati romanisti in curva Sud ha precedenti penali». Un dato sconvolgente, che spiega anche perché qui sia stato necessario nelle ultime stagioni adottare provvedimenti restrittivi – barriere, divisioni, implementazione degli steward, controlli sempre più accurati – per riportare in sicurezza le curve dello stadio Olimpico.

QUI FORMELLO – Ecco perché francamente stona la posizione tenuta sulla vicenda manichini dal tecnico della Lazio Simone Inzaghi, interrogato durante la conferenza stampa a Formello. «Io sono fortemente contrario a ogni forma di violenza ed è giusto che venga condannata in tutte le sedi. Però penso anche che tutte le volte non si debba cercare del marcio per forza. Vivo a Roma da più di 20 anni – spiega l’allenatore biancoceleste – e so perfettamente come funzionano le cose dopo i derby: ci sono sempre sfottò da entrambe le parti, ma a volte bisogna fare distinzioni tra fatti realmente gravi e sfottò». Ambiguo, anche più del comunicato della Lazio del giorno prima.

QUI TRIGORIA – Senza se e ma, invece, la stigmatizzazione di Luciano Spalletti, preoccupato al pari dei suoi giocatori minacciati. «L’episodio dei manichini appesi al Colosseo per me non appartiene né ai tifosi della Roma né a quelli della Lazio, né in generale a chi ama questo sport. Appartiene a persone deviate, che hanno dei problemi – dice senza mezzi termini il tecnico dei giallorossi prima della partenza per Milano –. Iniziative come quelle mi evidenziano solo odio, cattiveria, livore gratuito». Niente altro da aggiungere.

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