Gazzetta dello Sport – Ora è la Roma che “habla” più della Lazio

Sarà un derby capovolto, almeno sotto il profilo del linguaggio. Lazio e Roma si sono date il cambio e oggi a Trigoria si parla la stessa lingua di Formello di qualche anno fa. E viceversa. Intendiamoci, è solo una questione puramente linguistica, niente di più, ma testimonia anche un cambiamento di identità.
Metamorfosi Una volta a Formello si parlava soprattutto spagnolo, nella Lazio argentina dei vari Simeone, Crespo, Claudio Lopez, Veron, Almeyda, Castroman e così via, quelli che marchiarono il secondo scudetto biancoceleste e gli anni successivi. Nel mentre, invece, a Trigoria la lingua prevalente era il portoghese, quello parlata dai tanti brasiliani, i vari Mancini, Adriano, Doni, Julio Sergio, Julio Baptista, Lima ed Emerson. Oggi le carte si sono rovesciate, diametralmente in modo opposto. Anche se per la Roma il cambiamento è stato più profondo e marcato della Lazio. A Trigoria, infatti, oramai il portoghese (la lingua di Cicinho, Juan, Simplicio e Taddei) ha lasciato spazio allo spagnolo, tra argentini (Heinze, Lamela, Osvaldo, Burdisso e Gago) e spagnoli stessi (José Angel e Bojan, più Luis Enrique e tutto il suo staff tecnico). A questi, poi, va aggiunto anche il cileno David Pizarro, di lingua chiaramente spagnola. A Formello, invece, il rapporto ha trovato il giusto equilibrio, con tre brasiliani (Matuzalem, Dias ed Hernanes) e tre argentini (Bizzarri, Ledesma e Scaloni), dove però i brasiliani biancocelesti hanno un peso specifico infinitamente superiore a quelli argentini. Multimediale Tutto qui? No, è certo. Perché il derby di stasera sarà forse il derby più internazionale (e anche il meno italiano) delle ultime stagioni. Alla fine saranno rappresentate ben 15 nazioni, con l’Argentina (9 in tutto) e il Brasile (7) a fare la parte del leone. A seguire la Spagna con tre rappresentanti (oltre ai romanisti José Angel e Bojan c’è anche il laziale Garrido) e la Francia (anch’essa con tre elementi, tutti biancocelesti, Diakite, e Konko soprattutto Cisse), poi due giocatori per Bosnia (Pjanic e Lulic) e Romania (Lobont e Radu). Insomma, una linea continua che va dal Sudamerica fino all’Europa e che stasera potrebbe trovare molte centinaia di milioni di telespettatori. L’Italia? Per la prima volta non è così fortemente rappresentata come in passato. In giallorosso di peso c’è il solo De Rossi e forse Perrotta e Borriello, in biancoceleste Mauri e Marchetti, poi Biava e Brocchi. E allora, meglio puntare sugli stranieri. Spagnolo o portoghese, non fa poi tanta differenza.
Gazzetta dello Sport – Andrea Pugliese

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