Il Messaggero (G. Lengua) – La Serie A di José Mourinho è finita a Firenze. Con l’ammonizione incassata al Franchi, il portoghese, che era diffidato, non sarà in panchina contro lo Spezia all’Olimpico il 4 giugno. La sua ultima gara della stagione, dunque, sarà la finalissima di Budapest.

Vincere l‘Europa League è l’unico modo per garantirsi l’accesso in Champions e, già al fischio finale di Firenze, José ha cominciato a studiare la strategia per presentarsi al massimo della concentrazione mercoledì alla Puskas Arena. Il primo passo è stato imporre a sé stesso, a tutta la società e ai calciatori il silenzio stampa. Tiago Pinto ha seguito il diktat del suo tecnico e si è mostrato solo nel prepartita in cui ha seguito la linea dello Special One sulle condizioni di Dybala: “Se stava bene, era qui”.

José è uno specialista nell’organizzare l’avvicinamento a una finale, ecco perché tutti a Trigoria lo seguono, dai dirigenti a chi si occupa di comunicazione quotidianamente. Nessuno lo contraddice, perché lui sa decomprimere la pressione che la città mette sul club spostando l’attenzione su altro. E la strategia del silenzio imposta ieri è probabilmente volta a questo. Nessun tecnico, e tanto meno nessun dirigente, negli ultimi anni è riuscito ad avere una tale padronanza dell’aspetto comunicativo romanista.

In pochissimi, invece, hanno pensato che quella di Budapest rischia di diventare l’ultima gara in cui in panchina ci sarà lo Special One. L’impressione è che le parti sappiano già cosa succederà, ma preferiscono non far trape lare nulla fino al giorno dopo la finale. Quei 90 minuti di Budapest saranno il crocevia dell’intera stagione perché vincere significherebbe sbloccare circa 45/50 milioni di ricavi provenienti dalla Champions, perdere vorrebbe dire fare un clamoroso passo indietro.