Pagine Romaniste (A. Leopardi) – Alti e bassi. Ma non solo. Gol iconici, esultanze da ricordare e quell’addio amaro alla Roma che forse ha rappresentato l’inizio del suo declino. La carriera di Florenzi si chiude oggi con un bel sorriso e forse qualche lacrima; il tutto, nonostante dei trofei degni di nota in bacheca.

Quel ragazzo di Vitinia, in poco tempo, aveva conquistato tutti con la sua faccia da bravo ragazzo, il suo attaccamento alla maglia e la sua perenne disponibilità. Cresciuto con il mito di Totti e De Rossi, ne aveva ereditato la fascia, divenendo simbolo del club giallorosso. Di Florenzi piacevano tante cose: l’essere multiruolo, il correre sempre e comunque per più di novanta minuti e la voglia di Roma messa sempre al primo posto. Nell’esultanza con tanto di abbraccio alla nonna c’era molto del ragazzo comune e con i piedi per terra che molti amavano.

Poi, il declino: con Fonseca non c’è intesa e partono i prestiti, prima al Valencia e poi al PSG stellare. Fino al Milan, squadra voluta da lui stesso come confermato da Mourinho in una conferenza stampa. Il ruolo da comprimario gli permette comunque di vincere lo scudetto targato Pioli, oltre all’Europeo un anno prima dove ha modo di giocare anche la finale di Wembley, seppur non rientra tra i protagonisti di quella cavalcata.

Eppure, al netto degli infortuni, poteva fare di più. Il suo essere multiruolo era un punto di forza che, con il passare del tempo, è diventata una debolezza. Oggi appende gli scarpini al chiodo un ragazzo che ha realizzato il suo sogno. E, nonostante tutto, si è tolto molte soddisfazioni. Anche se, caro Alessandro, fattelo dire: “Potevi fare di più, avevi tanto potenziale”.