Fiorentina-Roma 2-0, le pagelle: Pellegrini condottiero stanco, burn out Abraham. Mancini e Smalling senza retromarcia. Spinazzola, bentornato

Pagine Romaniste (R. Gentili) – L’Europa può attendere. Lo spareggio per la corsa all’Europa League va alla Fiorentina, cui bastano solamente i primi dieci minuti della partita per superare la sfiancata Roma. I toscani di Italiano rivedono la luce dopo aver percorso il buio tunnel delle sconfitte per 4 volte – una in Coppa Italia, tre in campionato – con la luce portata dall’immediato rigore di Gonzalez (2’) e dal raddoppio di Bonaventura (10’). La Fiorentina aggancia la Roma a 59 punti, gli stessi dell’Atalanta. La Lazio, intanto, è quinta a 62 punti. Alla finale di Conference League di Tirana si arriverà con uno sforzo inutile di energie.

Energie che sono mancate a tutti. Perché la Roma è apparsa priva di potenza e brillantezza fisica, ma soprattuto mentale. A partire dalla difesa. Mancini, Smalling ed Ibanez entrano nella lista dei responsabili per i gol perdendosi gli uomini – andati a cercare troppo avanti – o lasciando da soli i compagni. Il resto della squadra è collegato su altre frequenze.

Su quelle più alte ci sono Pellegrini e Rui Patricio e El Shaarawy. Il capitano è colui il quale prova più a dare la spinta, che fatica però a salire nei corpi romanisti. Il portiere, invece, tiene come suo costume la squadra viva evitando – due volte – un 3-0 che avrebbe tagliato le gambe alle speranze di ripresa della partita, mai però veramente presenti nelle intenzioni dei compagni. La spinta del Faraone, invece, è un fuoco di paglia di qualche minuto. L’atteggiamento è il solito.

Le corsie esterne rimangono pulite in avanti: lo sfortunato Karsdorp e l’affaticato Zalewski spingono pochissimo. Il centrocampo si regge su Cristante e su qualche aiuto di Veretout. Abraham ha esaurito anche le pile di riserva. E si è visto.

LE PAGELLE

Rui Patricio 6 – Il precoce rigore di Gonzalez lo spiazza. Riesce a vedere il tiro di Bonaventura, non arrivarci perché in ritardo per quel dannoso ed autolesionista balzo sul posto – e stacco senza aprire il piede destro – che lo fa andare a terra in ritardo. Puntuale però a negare il 3-0 due volte con la manona sul tiro di Ambrabat e l’uscita su Gonzalez.

Mancini 5 – Cresciuto nel settore giovanile dei gigliati, vede diverse maglie viola passargli accanto ed andare nelle zone che dovrebbe difendere. Gonzalez, ad esempio, gli scappa in un intervento poco convinto a centrocampo. Le uscite fatte senza portare con sé le chiavi continueranno, come la tradizione del giallo: salterà Venezia. I propositi offensivi sono vani.

Smalling 5,5 – Pochi gli anticipi portati a casa, maggiori i vuoti che lascia dietro per cercare di tappare quelli a centrocampo. Perde il filo sul secondo gol non riuscendo a recuperarlo dopo la mancata sporcatura su Cabral: davanti a lui il brasiliano gira per Bonaventura.

Ibanez 5 – Dato come possibile prescelto del turnover, va in campo dall’inizio. Sul rettangolo va indietro già nelle prime battute. Sul raddoppio scappa in area, lasciando il povero Zalewski a doverne coprire due. Bagna il fazzoletto nell’acqua dei recuperi e dell’impostazione per cercare di pulire la macchia, vistosa e presente sullo stropicciato abito giallorosso.

Karsdorp 5 – Sfiora Gonzanelz, già propenso a cadere in corsa, e Guida dà rigore. Sa di avere poche responsabilità – forse più sfortuna –  sull’occorso e cancella l’episodio rapidamente. Fa spiovere qualche pericolo per scuotere la difesa toscana, ma soprattutto i compagni. I risultati non arrivano. (Dal 89’ Spinazzola – Bentornato Leo).

Veretout 5,5 – Il manto che fu di casa è pieno di buche. Qualcuna la evita, in altre ci cade. In appoggio c’è, quando serve però quel qualcosa in più non riesce ad arrivare. Prova ad essere utile, rimane l’intenzione.

Cristante 6 – Comincia nuovamente sbagliando tocchi e movimenti, non trovando il giusto timing per salire, individuato invece dalla Fiorentina. Prese le batterie buone, si accende pur rimanendo a basso voltaggio. La cosa più bella, ed effimera, tra la pulizia e i lanci è lo strappo della mezz’ora .

Oliveira 5,5 – L’andamento già lento di suo è decelerato ancor di più. Più che ammirare le bellezze fiorentine, osserva le costruzioni avversarie senza fare se non perdere palloni. Ne butta in avanti qualcuno, non a sufficienza per restare nella ripresa. (Dal 46’ Zaniolo 5 – Il percorso di crescita è passato sulle sponde dell’Arno. Rimane sulla riva della sufficienza perché quel poco che fa è confusionario e vuoto.

Zalewski 5 – Già mal messo col corpo sulla discesa viola che si concluderà col raddoppio, viene abbandonato da Ibanez. Destra? Sinistra? Non sa dove andare, opta per il centro: fa però due passi verso sinistra, aprendo lo spazio necessario a Bonaventura per metterla all’angolino. Da quei pochissimi palloni che non perde arriva il gioiellino di cross per Abraham. (Dal 66’ El Shaarawy 5,5 – La folata iniziale è un fuoco di paglia. Resta però quello che più ci ha provato, al netto del tempo a disposizione).

Pellegrini 5,5 – Non è Lorenzo il Magnifico, ma il Condottiero stanco di Piazza San Lorenzo. La stanchezza si palesa nei tocchi spenti e su quella punizione da mattonella invitante ma lasciata partire con una direzione ed una forza non irresistibili. Percorre il campo avvolto da senso di smarrimento da cui fa fatica a riprendersi. (Dal 75’ Perez 5,5 – Non dà la sterzata che è chiamato a fornire).

Abraham 5,5 – Chiamato a stringere ancora una volta i denti, il barile dell’energia è raschiato fino in fondo. Mou certifica quello che lui, con uno sbracciamento da vigile urbano nella nebbia, aveva avvertito: di palloni comodi da lavorare neppure l’ombra. Il solo –  quello perfetto di Zalewski al decimo della ripresa – lo colpisce senza riuscire ad imprimere forza ed indirizzare

Mourinho 5,5 – Il turnover non s’ha da fare. La posta in palio è troppo alta. Lo sa lui, meno la squadra. Che però ha lasciato le energie a giovedì senza essere riuscita a recuperarle. La prima sconfitta al Franchi in carriera alza l’asticella dell’attenzione al campionato fino alla fine. L’Europa passa più da Venezia e Torino che dal Feyenoord.

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