In questi otto anni di Roma a trazione statunitense, forse nessuna delle grandi decisioni sportive sono state partorite senza il suo consenso, o almeno una sua conoscenza della questione. Dalla scelta degli allenatori a quella dei d.s., tutto ha avuto un placet più o meno convinto di Baldini, che pure – proprio per il suo ruolo defilato – dal 2013 in poi, da quando formalmente è uscito dal club, non si è mai appropriato né degli oneri (parecchi) né degli onori (pochi) maturati sul piano sportivo. In qualche modo sia Sabatini che Monchi ne hanno subito la personalità , ma d’altronde mettetevi nei suoi panni: se un magnate come Pallotta è sedotto dalla sua intelligenza, eleganza, conoscenze, esperienza e arte del buon vivere, perché dovrebbe tirarsi indietro? Onestamente, se fossimo al suo posto, noi lo faremmo? Così il futuro della Roma continuerà a passare anche dai suoi giudizi. E a chi gli potrebbe rimproverare l’antica decisione di chiudere col mondo del calcio e di «farsi dimenticare», risponderebbe serafico che ognuno ha il diritto di contraddirsi. Perciò, non c’è partita: «Game, set and match» per Baldini, il Fabbricante dei Re. Lo riporta La Gazzetta dello Sport.