E nella Roma operaia e difensiva Dzeko tocca più palloni di Suarez

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La Gazzetta dello Sport (A. Schianchi) – C’è un dato che, più degli altri, spiega le ragioni del risultato: il numero dei palloni toccati dai centravanti di Roma e Barcellona. Dzeko, in una gara che la sua squadra interpreta giustamente in chiave difensiva, interviene 44 volte nella manovra. Suarez, che è invece costantemente supportato dal lavoro dei compagni, tocca soltanto 30 palloni. Ciò significa, in soldoni, che il contributo dell’attaccante giallorosso, anche se poco si vede vicino alla porta avversaria, è decisamente superiore a quello dell’uruguaiano, che ha sì il merito di segnare il gol, però non aiuta con i movimenti a rendere più rapida e più efficace la manovra offensiva. Dzeko è la faccia della Roma impostata da Rudi Garcia: non si va all’assalto, si sta compatti, con le linee di centrocampo e difesa molto vicine, e minuto dopo minuto si costruisce il muro contro cui il Barcellona andrà a sbattere. Il 4-3-3 disegnato dall’allenatore diventa ben presto un 4-5-1 perché Iago Falque a sinistra e Salah a destra arretrano, sgobbano, portano acqua e, di fronte ai celebrati Messi, Iniesta e Neymar, non se ne vergognano. La prima qualità di una squadra matura è conoscere i propri limiti: e la Roma dimostra di sapere fin dove può arrivare e quanto può osare.

SUICIDIO –  Il possesso palla, a leggere soltanto il dato finale, è imbarazzante: 74,7 per cento a favore del Barcellona contro il misero 25,3 per cento. Già, ma che cosa costruiscono i marziani venuti dalla Catalogna? Sei tiri nello specchio della porta, ma solo tre chiari, esattamente quanti ne fa la Roma che, tuttavia, tiene il pallone per pochissimo tempo. La tattica di Garcia, azzeccatissima, è quella di ingolfare la parte centrale del campo, in modo da rallentare il gioco del Barcellona e di far andare fuori giri i suoi solisti. Non un pressing forsennato, quello dei giallorossi, perché contro i catalani andare in pressing è un suicidio: sono talmente abili a livello tecnico da mandarti sempre a vuoto. Allora, come da richiesta di Garcia, i romanisti si limitano ad aspettare e a coprire ogni zolla dell’Olimpico. Una volta questa tattica sarebbe stata definita «catenaccio», e anche oggi la possiamo chiamare così senza scandalizzarci troppo. Quando affronti un avversario nettamente superiore che cosa fai? Ti proteggi o vai con il petto all’infuori? Dzeko, nell’interpretazione, è esemplare. Sbaglia parecchio, il bosniaco (34 passaggi, 17 giusti e 17 sbagliati), ma consideriamo le condizioni nelle quali è costretto a muoversi: sempre attorniato da mille avversari e con il compagno più vicino a trenta metri. Lui, con umiltà, si mette al servizio della causa: va incontro ai centrocampisti, quando riescono a recuperare il pallone, si offre al disimpegno, fa salire la squadra e cerca con insistenza il corridoio per lanciare Salah. Un po’ centravanti e un po’ suggeritore, dunque: 1 cross, 1 lancio, 2 occasioni create, 3 recuperi, 9,5 chilometri percorsi.

IMPRESSIONE – Suarez, invece, è molto meno presente nelle azioni del Barcellona nonostante il pallone ce l’abbiano sempre Messi e i suoi amici. Soltanto 14 i passaggi dell’uruguaiano (3 sbagliati), una sponda a beneficio dei compagni, 11 palloni persi e 5 dribbling falliti. Certo, sulla bilancia bisogna mettere il gol (da autentico uomo d’area) e i 3 tiri complessivi effettuati. Tuttavia, impressionano maggiormente lo spirito di sacrificio di Dzeko e la sua capacità di mettersi a disposizione della squadra. Quando il centravanti fa anche il centrocampista e il difensore, come il bosniaco, l’allenatore può stare tranquillo: prima o poi il risultato positivo arriva.

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