Pagine Romaniste (F.Castellucci) – Mario Brozzi ne sa più di chiunque. L’ex medico sociale della Roma, dal 1997 al 2009 in società, ha rilasciato una lunga intervista in esclusiva a Pagine Romaniste. Dallo staff di Mourinho, alla tenuta dei calciatori fino a Dybala. Ecco le sue parole:

Con Mourinho gli infortuni sono scesi del 40%, quale pensa sia il segreto?

“Loro hanno uno staff molto organizzato e soprattutto molto affiatato. Mi piace molto nella Roma attuale l’unità di intenti che c’è, non ci sono mai crepe tra le varie componenti: tecnica, di preparazione e quella sanitaria. Questo testimonia la grande unità. È fondamentale nella gestione del calciatore, perché poi all’interno di quello che io chiamo ‘il quadrilatero atletico’, rappresentato dall’allenatore, il preparatore atletico, il fisioterapista ed il medico, guai se queste figure non sono strettamente coese ad operarsi per il benessere del calciatore. Se nascono scollature, il calciatore tende ad evadere da questo quadrilatero e diventa una gestione veramente difficile. Loro sono uno staff capace di organizzarsi molto e restare unito, sia nella componente tecnica che quella sanitaria. Di conseguenza, in questa armonia di rapporti che ci sono nello staff tra le componenti sopra descritte, ne deriva una bontà di rendimento della rosa. Io ho conosciuto Stefano Rapetti, il preparatore atletico di Mourinho, già con lui dal Manchester. Con lui ho lavorato insieme e l’ho apprezzato molto nei pochi mesi al Milan insieme, quando era il preparatore di Marco Giampaolo, una persona meravigliosa. Conosco la sua dedizione e la sua precisione nell’organizzare qualsiasi cosa, anche in ambito della prevenzione. C’è un lavoro dietro questo, molto ricercato e coeso”.

La tenuta mentale fa molto in questo ambito, un esempio può essere Spinazzola?

“C’è un grande lavoro di prevenzione. Ormai le top squadre, all’interno della preparazione, dedicano molto spazio e molta attenzione sul prevenire gli infortuni. Ogni calciatore, in squadre di un certo livello e con allenatori che hanno ore e ore di volo in tutte le condizioni, è preparato nel modo in cui deve essere allenato. Nella prevenzione, selezionano i carichi di lavoro e le ore in maniera molto certosina. Dietro c’è un lavoro quasi maniacale e conoscendo Stefano Rapetti, maniacale è il termine esatto. È molto preciso e attento a queste cose. È come Massimo Neri, che adesso sta con Eusebio Di Francesco e io l’ho avuto nella Roma di Capello. Sono due che lavorano con grande attenzione, sia sul versante di preparazione, ma soprattutto su quello della preparazione”.

Cosa vede accumunare la Roma di Capello e questa attuale? Entrambe hanno un allenatore condottiero, ma cosa manca a quella attuale?

“Sono due allenatori che rientrano nella categoria dei più grandi. Non ho mai lavorato con Mourinho e ti confesso che mi sarebbe piaciuto molto perché sono spiccate personalità che tendono ad arricchirti nella vita, prima che nella professione. La personalità nell’allenatore è fondamentale, perché la squadra gioca con la ‘capoccia’ dell’allenatore. La Roma di Capello era la Roma di Capello, giocava con la sua mentalità e la sua attenzione. La Roma di Mourinho gioca con la sua testa. Se tu volessi dare un carattere alla squadra, il carattere dell’allenatore entra in tutti quelli che sono i percorsi e le vicende della rosa. Entrambi hanno una grande capacità, quella di dare importanza al calciatore e ogni giocatore, ma non vale solo per loro, anche per medico e staff, se viene responsabilizzato dall’allenatore nel suo ruolo, tende sempre a buttare il cuore oltre l’ostacolo e riesce a dare quel qualcosa in più perché si sente parte attiva del suo congegno. Non si ha il timore di sbagliare e nello sport, la dilatazione del gesto o l’esuberanza sono la cosa più importante. Guai se viene il braccetto corto. In questo entrambi sono veramente maestri”.

Quindi la differenza non sta nella testa della squadra, ma nelle gambe?

“Quando stai dentro capisci tante cose, quando stai dentro le vedi come le vedono tutti gli altri. Osservare attraverso un vetro il congegno è difficile, non si sentono le vibrazioni interne e quant’altro. Devi essere all’interno per quello. La squadra si allena tutti i giorni e stanno insieme tutto i giorni, almeno un pasto lo fanno insieme, dormono e si spostano insieme, sono come un corpo unico.Di conseguenza allenamenti e preparazione sono codificati. Rapetti ad esempio, da 25 anni fa sempre queste cose e ha affinato il lavoro, creando congegni perfetti. La differenza la fa l’emotività della squadra e del singolo calciatore. Portare una squadra intera allo stesso rendimento, e vorrei aprire una parentesi su un termine troppo sottovalutato: per rendimento intendiamo quello psico-fisico, quindi non dobbiamo concentrarsi prettamente sulla parte fisica perché un atleta non perde la condizione tra primo e secondo tempo o tra una partita e l’altra, ciò che gioca un ruolo chiave sono le componenti psicologiche. Quando due o tre iniziano ad andare in difficoltà si portano tutti gli altri dietro. Come gli organi di un corpo umano, se il fegato va in difficoltà il rene gli va dietro e alla fine si crea una problematica generale per il corpo”.

Darebbe la 10 a Dybala?

“A Dybala lo manderei nudo in campo perché è talmente bello da vedersi che coprirlo di qualsiasi cosa sarebbe inutile. Dybala è uno di quel calciatori il cui estro, la vivacità, l’intelligenza e la furbizia spiccano. È quel tipo di giocatore che ha tutto dentro sé e madre natura lo ha fornito di un fisico adeguato. Probabilmente, se ho ben capito dalle parole di mister Mourinho, è un peccato che sia tormentato da queste cicatrici vecchie che ogni tanto gli danno problemi. Però è un atleta che può mettere addosso qualsiasi maglia, è uno di quel calciatori che, come diceva Fulvio Bernardini lo farei giocare dove gli pare. Si mette la maglia e poi ci pensa lui. La maglia numero 10 della Roma è vero che ricorda i fasti e tante cose, però non è un totem assoluto, quindi. Ogni calciatore ha la sua storia, inserita in un contesto epocale. Francesco è stato uno dei campioni più importanti di quel periodo storico e Dybala lo è in questo momento. Ma entrambi sono due di quei calciatori che in qualsiasi epoca sarebbero stati sempre Francesco Totti e Paulo Dybala. Per cui la maglia numero 10 non sarebbe assolutamente usurpata. Certo è anche vero che ognuno di noi, nel suo cuore, ha un’immagine che è indelebile. Poi sono stato immortalato abbracciato con lui con la maglia numero 10, quindi figurati quanto sia per me significativa quella maglia”.

Dopo l’inizio negativo della Roma, avendone visti alcuni anche lei, c’è la possibilità di invertire la rotta e arrivare agli obiettivi della società? Si può sognare con questo Lukaku che ricorda Batistuta?

“Se le vincono tutte vincono il campionato, quindi il tempo indubbiamente c’è. In questo momento la squadra che ho visto recentemente è un caterpillar, ti monta sopra. Probabilmente l’effetto Lukaku si è sentito, uno che ti spinge in avanti. Butti la palla in mezzo e hai la considerazione che c’è lui. Sai, il portiere, il centrale difensivo, il centrocampista e l’attaccante sono la dorsale della squadra. Quando hai un gran portiere che ti salva i momenti difficili, un centrale che ti organizza la difesa o un Cristante che vedi in costante ascesa, un vero piacere vederlo e davanti un finalizzatore come Lukaku è chiaro che ti spinge sempre in avanti e la squadra avversaria fa quei paio di metri indietro che nel calcio fa la differenza. In quella terra di nessuno, un passo indietro e perdi la partita, uno avanti e la vinci. Senza dubbio l’arrivo di questa figura è stato una panacea. La potenza fisica è la stessa di Gabriel. Io ricordo il gol che fece a Parma, lancio lungo di 60 metri di Samuel, palla che rimbalza sulla trequarti avversaria e Batistuta la butta sotto l’incrocio dei pali. Fu una cosa pazzesca, io ero in panchina affianco a Di Francesco e Mannone e mi dissero: “Ammazza che schemi Capello”. Questi due birbaccioni non perdevano occasione di fare battute, ma senza dubbio la potenza fisica è la stessa. Io ho avuto la fortuna di vedere Batistuta, era una cosa meravigliosa e quando partiva era assolutamente inarrestabile, non lo contenevi. Mi sembra che Lukaku sia la stessa cosa, poi l’attaccante quando inizia a segnare è come quando ti metti a tavola e inizi con lo stuzzichino, ma poi ti devono levare il piatto avanti. È un grande acquisto”.