Corriere dello Sport (R.Maida) – Sono originari di Donetsk, si allenano a Kiev, giocano a Kharkiv. La vita con il trolley dello Shakhtar rappresenta un caso unico nel mondo e si deve a una storia seria, dolorosa: è stata la guerra civile del 2014, con tanto di bombardamento allo stadio, a costringere i giocatori al nomadismo in giro per l’Ucraina.
LA SPINTA UCRAINA – Ora il tempio dello Shakhtar è il Metalist Stadion, un’ora di aereo dalla capitale, rimasto praticamente disabitato a causa del fallimento della squadra locale. L’hanno ammodernato per l’Europeo 2012 dandogli il soprannome di Spider Arena per le caratteristiche architettoniche che rimandano a un’enorme ragnatela. Non sarà vuoto domani sera, tutt’altro, nonostante le tante centinaia di chilometri di distanza da Donetsk, città ormai fuori controllo del governo ucraino. Hanno venduto già 35.000 biglietti dei 40.000 disponibili, quindi la squadra che non gioca mai in casa avrà il supporto dell’intero Paese. Curioso: la Roma aveva vissuto un’atmosfera simile a Baku, dove gli azeri del Qarabag si erano trasferiti alla fine della guerra che aveva cancellato il loro villaggio.
L’ASSESTAMENTO TECNICO – Lo Shakhtar, che arriverà a Kharkiv solo oggi, un giorno dopo la Roma, non sembra pagare il disorientamento territoriale. Anzi: se non avesse creato strutture alternative avrebbe perso tutto. Alcuni calciatori erano scappati, quattro anni fa, minacciando di non tornare mai più. Quella crisi almeno è passata e i vari Marlos, Taison, Fred, Bernard, Facundo Ferreira formano il cuore sudamericano di una colonia unica al mondo: l’ha formata Mircea Lucescu, ora ct della Turchia, vero santone della crescita internazionale del club. Con lui in panchina lo Shakhtar ha vinto non solo scudetti in serie, ma anche una Coppa Uefa, l’ultima, nel 2009, prima che diventi Europa League. «Non sarà facile per la Roma – ci ha raccontato – perché questa è una squadra che gioca a memoria. L’unico handicap può essere la ripresa dopo la pausa invernale». Con il nuovo allenatore, il portoghese Paulo Fonseca preso dal Braga, lo Shakhtar ha vinto tutte e tre le partite del girone di Champions, consentendo allo stesso Fonseca di onorare il voto-qualificazione: dopo aver battuto il City è andato in sala conferenze mascherato da Zorro.
FILOSOFIA SIMILE – Anche da queste parti le plusvalenze sono un must, nonostante le risorse della proprietà: il signor Rinat Akhmetov, l’uomo più ricco di Ucraina e trentottesimo del mondo, ha un patrimonio stimato in 16 miliardi di dollari. Ma il suo modello gestionale, alla periferia dell’Europa e nel rispetto del fair play finanziario, non può che basarsi sulla compravendita dei calciatori, che vengono valorizzati e poi ceduti a prezzi folli. Di qua sono passati nomi importanti: lo juventino Douglas Costa, Willian del Chelsea, Fernandinho del City. Il prossimo a salutare sarà Fred, ottimo palleggiatore di centrocampo ed ex compagno di Alisson all’Internacional di Porto Alegre: pure lui finirà al City a luglio per 50 milioni di euro. Solo con il fantasista Bernard, in dubbio per la Roma causa problema a una spalla, c’è stata poca lungimiranza: l’hanno mandato a scadenza e lo perderanno a zero l’estate prossima.
L’ANIMATORE RAMPANTE – Tutti brasiliani sì. E c’è una ragione che viene da lontano. In Brasile lavorava un intrattenitore franco-algerino che si chiama Franck Henouda: un giorno si è stancato di vivacchiare come dipendente nei Club Med, si è trasferito a Porto Alegre dove ha messo su famiglia e aperto un ristorante. Frequentando i calciatori ha preso contatti con Fatih Terim, chiudendo il primo affare: Taffarel al Galatasaray. In Turchia è poi finito Lucescu, che ha seguito con interesse le manovre del mediatore Henouda studiando una collaborazione in prospettiva del passaggio allo Shakhtar. Andategli a dire che non aveva ragione: ormai tantissimi baby brasiliani, attratti da stipendi milionari che li aiutano a superare la saudade in Ucraina, volano con biglietto di sola andata a Kiev e si incorporano allo Shakhtar, che paga ai club di appartenenza pochi soldi come premio di formazione. Quando raggiungono un certo livello, vengono chiamati dai top club inondando di denaro la cassaforte di Akhmetov. Ma il serbatoio di giovani che intanto si sono formati è tale da non danneggiare la competitività della squadra, come dimostrano i risultati recenti. L’anima latina, nei calciatori e nei tecnici, riscalda lo Shakhtar.