Il Romanista – Sacchi: “Ecco perché continuare così”

E’ da sempre un propugnatore dell’innovazione, Arrigo Sacchi. Lui per primo, come testimoniano la storia del Milan e della stessa nazionale azzurra, se n’è reso protagonista. Da tecnico esperto sa però quanto non sia facile, nel nostro Paese, promuovere e portare a termine il lavoro di rinnovamento di una squadra. “Per fare dei cambiamenti forti – dice infatti al Romanista – occorrono due componenti che noi conosciamo poco: la pazienza e la competenza di valutare il lavoro in prospettiva. Il motivo sta nei tempi di adattamento e negli errori che, ovviamente, si commettono. Perché si commettono sempre degli errori, quando si lavora. Ricordo che c’è da far crescere dei giocatori, ma anche da mettere da parte qualcuno che si vede proprio che non è funzionale al progetto”.

A proposito del quale, la Roma ne ha iniziato uno.
Anche qui è importante puntualizzare. Tutti hanno un progetto. Se però devo costruire una baracca, il mio sarà un progettino. Mentre se voglio costruire un grattacielo, il mio sarà un progetto un po’ più impegnativo. E quello della Roma, a mio parere, ha l’ambizione di essere realmente un progetto più ampio. Ci riuscirà? Non lo so, dipende da tanti fattori. Intanto, quest’annata sarà servita a Luis Enrique per conoscere meglio il calcio e l’ambiente italiano, e a capire che ha una storia diversa rispetto a quello spagnolo. Ma che anche qui in Italia si può giocar bene, come è successo a tante altre squadre. Il Milan, non per nulla, è considerato una delle più grandi di tutti i tempi. Bisogna quindi far migliorare la squadra, attraverso la storia che il nostro Paese ha, ma non fermandosi a quella”.

Le dichiarazioni di giocatori e dirigenti sono la prova di quanto il tecnico sia stimato all’interno della società.
Franco Baldini, che si dimostra sempre un grandissimo dirigente, illuminato e competente, l’ha giustamente protetto molto. Perché la società è importante, lo dico per l’esperienza avuta in campo europeo. Se uno vuole innovare ma non ha l’appoggio della società, non ce la farà mai al mondo. Idem se non gli prendono i giocatori, non dico i più bravi, ma i più funzionali a un’idea di gioco. Se poi tra i giocatori ci sono anche dei talenti, tanto di guadagnato. Ma intanto, che siano, appunto, funzionali. E questa è la cosa più difficile in un Paese in cui le squadre, con le girandole di allenatori, non sono squadre: sono Torri di Babele su cui hanno agito tante mani diverse e, talvolta, con esiti diametralmente opposti“.

A proposito di pazienza, i tifosi, quest’anno, ne hanno mostrata tanta.
E’ vero. E ho fatto loro più volte i miei complimenti. Roma è una città che adoro. Fantastica e con dei tifosi fantastici. Che hanno dimostrato di essere anche competenti. Perché, di solito, in Italia, se vinci sei bravo, a prescindere dal merito. E se perdi sei un asino, sempre a prescindere dai meriti di chi vince. Capisco anche che se nelle ultime settimane c’è stato del malumore è perché loro per primi avranno visto che qualche giocatore non è adatto al progetto. Mentre qualcuno è ancora acerbo, e va fatto crescere. Così come qualcun altro è forse un po’ usurato dagli anni. Credo che tutto questo dovrà essere oggetto di valutazione da parte della società. E sono convinto che il prossimo anno anche la dirigenza commetterà meno errori. In ogni caso, il progetto va sostenuto”.

Lo dice alla luce di quanto ha visto?
Sono poche le squadre che guardo con piacere. Premesso che, per i ricordi, l’affetto e le amicizie, il Milan continuo a seguirlo, anche se con un po’ di distacco, le squadre che quest’anno sono state più “intonate”, sono a mio parere la Juventus, il Pescara e, appunto, la Roma”.

Nonostante non sia stata certo un esempio di continuità…
Purtroppo, ci sono stati alti e bassi anche all’interno di una stessa partita. E non so se sia dipeso da qualcuno – parliamoci chiaro – scarso, almeno in certe zone del campo, oppure da una mancanza di collaborazione in fase difensiva. Che non vuol dire, come pensano in tanti in Italia, che si debba stare tutti là dietro. Questo è un calcio che prevede di attaccare, ma anche difendere, correndo in avanti. E la Roma non sa ancora farlo. Non sa difendere correndo in avanti. E’ qui la contraddizione. E finché non sarà risolta questa, si sarà trovata una soluzione in fase offensiva, ma non in quella difensiva. Si deve quindi lavorare. Ma i risultati arriveranno…”.

Il Romanista – Mauro Macedonio

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