Di Francesco saluta: “Sono felice di avervi allenato”. Il terzo addio, tra lacrime, ricordi e rimpianti

La cerimonia degli addii è arte dolorosa, intrisa com’è di ricordi e speranze disilluse. Eusebio Di Francesco, di certo, a Roma prima ci ha messo e poi lasciato il cuore. Lo aveva collocato lì, a Trigoria, quando stava per compiere 28 anni, per cominciare un’avventura da calciatore che sarebbe durata dal 1997 fino al 2001; il tempo di vincere uno scudetto che sarà ricordato per sempre. Poi vi tornò nel 2005 per provare l’esperienza di team manager. Poco meno di un anno e via; quanto basta per capire che non era quella la sua strada. La terza storia è quella di sui scriviamo i titoli di coda. La più dolorosa di tutte, anche perché – visto il modo in cui l’eliminazione col Porto si era consumata – l’allenatore ha sperato fino all’ultimo di salvare la panchina. Ma Pallotta ha deciso in altro modo, anche perché già durante la stagione solo i buoni uffici del d.s. Monchi – a un passo dal diventare ex anche lui – gli aveva fatto da scudo. Ieri, perciò, è stato il giorno della commozione, che ha sciolto la rabbia provata a Oporto. Quella che lo ha portato a salire sul pullman a fine partita senza affrontare la consueta conferenza (e arriverà una multa dell’Uefa) per via della rabbia per l’arbitraggio che gli bruciava nel petto. Come nelle migliori tradizioni, Di Francesco ha anche guidato l’allenamento del gruppo, prima di salutare la squadra. «Mi dispiace per quelli che ho utilizzato di meno, ma io ho fatto tutto per il bene della squadra. Sono felice di avervi allenato», ha detto tra l’altro. Lo scrive La Gazzetta dello Sport.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti