In vista della sfida contro il suo recente passato, Daniele De Rossi riaccende i riflettori sul rapporto con la Roma, affrontando con toni distesi una fase delicata della sua esperienza in giallorosso. L’attuale allenatore del Genoa ha scelto la via della trasparenza, senza polemiche ma con la volontà di fare chiarezza su quanto accaduto.
A parlarne è stato lo stesso De Rossi nel corso di un’intervista rilasciata a Massimo Ambrosini su DAZN. Ecco le sue parole:
Come hai fatto a coniugare interessi extra-calcistici all’idea di stare sempre qui dentro?
”Mi sono fatto esonerare prestissimo, questa è la soluzione”.
Hai rifiutato tante offerte durante il periodo in cui sei stato fermo? Ti sei pentito di alcune scelte?
“No. Non ho rifiutato perché avevo voglia di andare e sono gli altri che hanno rifiutato me. Quando ho rifiutato l’ho fatto forse per la categoria e perché in alcune situazioni non vedevo molto chiaro. Nelle prime due esperienze, in maniera diversa, ho avuto problemi con i dirigenti: alla SPAL ho avuto problemi, ma ora quel dirigente lo sento ancora adesso e abbiamo chiarito. Anche alla Roma ho chiarito con l’amministratore delegato (Lina Souloukou). Niente di clamoroso, ma comunque c’erano problemi. Non voglio mettermi in una condizione in cui possa tornare ad averli e non voglio che passi il concetto che io sia uno che ha problemi con i dirigenti. Alla Spal parlai di quanto io non fossi contento del mercato in conferenza, dissi la verità. Il presidente Tacopina si arrabbiò e mi disse: ‘Chi ti ha detto che puoi dire la verità sulla mia squadra?’. E io lì ho capito tante cose”.
Cosa ti è rimasto dell’esperienza della Roma?
”A vederla adesso un po’ mi dispiace quello che è successo. Nonostante io stia benissimo, mi dispiace perché sta avendo un exploit che io avevo predetto: dissi che certi giocatori il primo anno avrebbero fatto fatica, nel secondo sarebbero esplosi e nel terzo, continuando con quel mercato, avremmo lottato per lo scudetto. Non eravamo proprio pazzi a puntare su questo gruppo, dato che per me è molto forte”.
Non ti credevano quando lo dicevi?
“I presidenti pendevano dalle mie labbra, con loro avevo un rapporto costante. A livello calcistico ho sempre avuto ampia libertà sulle scelte, si fidavano, mi chiedevano e si confrontavano. Mi hanno iniziato a chiedere le cose ancor prima di confermarmi per i successivi tre anni. Da quel punto di vista c’era grande rispetto dei ruoli da parte di tutti. Poi si sono un po’ incrinate le cose e mi dispiace, ma quello che è successo io e il mio staff non lo meritavamo. Non sei mai pronto all’esonero, era molto presto. E’ successo a Genova e ora questa squadra ha un debito con me”.
L’hai vissuta come un’ingiustizia?
”Ci vai sopra perché io pensavo e penso di essere a posto con la coscienza. Non ho mai abbassato di un centimetro l’impegno che ho messo lì dentro, non ho mai tradito chi era lì, non ho mai usato il ‘potere’ che avevo in quella città per proteggere me e andare contro i giocatori o per andare contro la società. Se mi fossi tradito da solo non sarei stato così orgoglioso di ciò che abbiamo fatto. Ogni volta che vieni esonerato smetti di vivere ciò che ti piace. Non penso di aver avuto più dolore dall’esonero dalla Roma che dalla Spal, non cambia niente: ti manca il fatto che saluti i giocatori e poi non li vedrai più. Quando ho salutato a Ferrara eravamo in una palestra più brutta di quella di Trigoria, con dei giocatori meno bravi, con una società meno forte, ma il dolore era lo stesso e i ragazzi piangevano tutti… Ti rimane il senso di incompiutezza, quel ‘fammi fare che la rimetto a posto e andremo alla grande’. Questo ti rimane e ogni tanto ritorna fuori”.
Quando sei diventato allenatore del Genoa hai subito guardato il calendario e visto quando saresti tornato a Roma?
”Sì, ho guardato quando avrei giocato con la Roma e la Lazio”.
Non vedi l’ora?
”Si tratta di una sensazione particolare. Da bambino la vivi in un modo, da ragazzo del settore giovanile in un’altra maniera, da giocatore in maniera focosissima e da allenatore in modo folle. Ho sempre desiderato tutti i giorni che la Roma vincesse, questa è la cosa che mi fa più ridere. Per una settimana dovrò lavorare per far perdere la Roma… Ora non salto sul divano quando guardo la Roma, ma la vedo da collega e da ex giocatore. Se vince però sono contento”.
C’è stato un momento in cui potevi tornare alla Roma?
”No, non penso ci sia mai stata davvero la possibilità. Hanno fatto una scelta talmente evidente e chiara… A Roma si parla sempre e il mio nome accostato alla Roma funziona sempre. Ma non credo sarebbe stato il passo giusto per me, anche se ovviamente sarei tornato subito perché credo nella squadra e nei giocatori”.
Spalletti?
”Spalletti è geniale. Mi ha sempre spiegato quello che mi faceva fare e lo stesso Antonio Conte. Non c’era niente lasciato al caso ed era tutto nell’ottica di far giocare meglio la squadra. Anche Ranieri diceva: ‘È meglio un’idea mediocre che fanno tutti che un’idea geniale che capiscono in quattro. Io assorbivo tutte le riunioni, quella di Spalletti me la mangiavo con gli occhi mentre c’era gente che sbadigliava. Mi piaceva, sono sempre stato appassionato di calcio sotto l’aspetto tattico. Mi piace capire cosa sta succedendo intorno a me”.
Un altro che ti ha influenzato?
”Ho avuto Luis Enrique quando era molto giovane. Ha cambiato tutto rispetto all’inizio, si è evoluto. Alla Roma mi spiegò ciò che andava di moda nel mondo, ovvero il Barcellona e ci spiegò perché dovevamo fare quei passaggi e quando farli. Mi sono sempre legato alla persona, alle spiegazioni che ti dava. Per me è stato illuminante, ha cambiato il modo di approcciarmi”.
Da chi prendi ispirazione?
”Siamo andati a guardare Maresca al Chelsea, ha qualcosa di geniale. Anche Iraola al Bournemouth, sia per il rapporto che c’è con Tiago Pinto sia per ciò che fa l’allenatore. C’è sempre la curiosità dietro questo. Poi non smetto di guardare Spalletti, Gasperini, Conte. In Italia ci sono tanti allenatori bravi. Italiano è quello che sta facendo meglio negli ultimi anni ed è uno che mi incuriosisce molto. Fabregas non è più una sorpresa, ma è una bella scoperta perché cambia di partita in partita e regala sempre uno spunto. Sarà una settimana faticosa di preparazione quando giocheremo contro il Como. Chivu che ha messo qualcosa di suo, poi c’è la stima per Allegri che magari fa un calcio un po’ diverso. Ma te la vuoi fare una domanda se quello sta sempre lì su? Ci sono allenatori che magari non vuoi copiare calcisticamente, ma vorresti copiare i suoi risultati. Il mio idolo è Guardiola, è il migliore”.
L’avventura al Genoa?
”Tutto molto affascinante. Non so quante squadre abbiano il centro sportivo che sembra la cappella Sistina. Dobbiamo essere bravi a non disperdere tutto questo”.



