Gazzetta dello Sport – Totti, altri guai. Ma con De Rossi la Roma sogna

In questo momento — complici pure gli inconvenienti del mestiere — sono il giorno e la notte. «Diversi», è un eufemismo. Perché Daniele De Rossi — al netto di una trattativa per il contratto che sembra non turbarlo affatto — è sereno, in forma, è l’anima e il volante (alla spagnola) di questa Roma. Mentre Francesco Totti — che pure si era già cibato 50 giorni senza partite — è di nuovo imbronciato, infortunato e, con tutto il rispetto, per la prima volta ai margini di questa Roma, che un tempo era più sua che degli altri.

Io, lui, il cuore «Ma Francesco — ribatte Daniele — si porta dietro una luce quando cammina». Davvero una bella definizione, e schietta. De Rossi non è tipo da frasi di circostanza, e infatti «se devo trovargli un difetto — aggiunge — è permaloso. In passato litigammo una volta, ma non mi ricordo nemmeno più per cosa…». Comunque, a scanso di equivoci. «Io e lui siamo molto diversi. Lui è un vero romano, spavaldo. Io, invece, fuori mi chiudo, un po’ per carattere, un po’ perché siamo a Roma… Ma dentro sono un vulcano, mi piace dire sempre la mia, a volte agisco troppo d’impulso, sto lavorando per metterci un freno». Ma a Io, Chiara e l’Oscuro, programma cult di Radio 2 condotto da Chiara Gamberale, De Rossi parla a ruota libera, di tutto tranne del suo contratto (se la caverà con una battuta poco rassicurante). Parla di sè e della Roma, in cui è assoluto protagonista e, da un paio di mesi, praticamente unico leader. Al punto che è diventato surreale parlare di De Rossi come capitan futuro: il presente calcistico non è mai stato così suo, e non solo a Roma. Il che inorgoglisce ma al tempo stesso inquieta il tifoso giallorosso: fuori dal Grande Raccordo De Rossi piace a tanti, allettati dalla scadenza del suo contratto, e se qualcuno alla fine — è il timore — riuscisse a convincerlo? Lui non chiarisce. «Rassicurare la gente sul mio futuro — gli chiedono —? Ma il cuore è fatto apposta per palpitare». E l’impressione è che la vicenda terrà tutti — Roma, Milan, Manchester City — sulla corda ancora un po’.

Più in là E altro tempo i tifosi dovranno aspettare pure per vedere una Roma vincente. «Quest’anno mi pare difficile», dice. Il che non vieta di provarci e sognare. «Scudetti e Champions gli vogliamo vincere tutti, ed è giusto inseguirli, anche oggi». La sua Roma — «Un tempo mi faceva paura, poi mi sono adattato. Qui si vive di estasi e mazzate, dalle quali riesci a rialzarti anche grazie ai tifosi» — nelle ultime ore ha incrociato passato e presente, complice una visita inaspettata. «Capello è venuto a Trigoria e sono andato a salutarlo. Capisco il risentimento dei tifosi, ma a me ha fatto del bene, anzi è stato l’allenatore più importante per la mia crescita. Anche Lippi, è stato quasi un padre». E Luis Enrique? «Ha un credo e delle idee precise. Sono regole calcistiche e comportamentali. È un tipo vicino ai giocatori, ma non scende a compromessi». Voto? No grazie Nel finale è un De Rossi tutto privato, mai così pubblico. Dagli affetti («Soprattutto mia figlia Gaia, il mio unico pensiero è che abbia un futuro sereno») ai sogni («Da piccolo volevo diventare magistrato. Ora il mio sogno è personale ed extracalcistico»), fino alla politica. «Berlusconi? Era arrivato il suo momento. Io non voto, non trovo nessuno che mi rappresenti, ma Veltroni l’ho conosciuto e con lui mi sono trovato bene». È già un passo avanti.
Gazzetta dello Sport – Alessandro Catapano

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