Dal Sassuolo al Sassuolo: il ritorno di Ale

Corriere dello Sport (F.Guerrieri) – Sembra passata una vita, ma in realtà è poco più di un anno. Riavvolgiamo il nastro: 26 ottobre 2016, Sassuolo-Roma. Spalletti soddisfatto in panchina perché i giallorossi sono avanti 3-1 a cinque minuti dalla fine. Poi il contrasto che all’improvviso toglie il sorriso a tutti: Lirola e Florenzi vanno sul pallone, Alessandro anticipa lo spagnolo che prende il ginocchio del giocatore giallorosso. Il numero 24 cade a terra, si capisce subito che è qualcosa di grave. Il giorno dopo arriva il responso: «Rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro». Ale entra in un tunnel dal quale esce solo un anno dopo. Ora si è ripreso quella fascia destra che Bruno Peres gli ha tenuto in caldo durante la sua assenza. Quell’infortunio l’ha fatto crescere trasformandolo in un uomo, gli ha fatto capire chi gli vuole bene davvero. Daniele De Rossi per esempio, il capitano è stato vicino a Florenzi tutta la prima notte e non l’ha mai lasciato solo nemmeno nei giorni successivi. Amici, prima che compagni. In comune il sangue giallorosso che scorre da sempre nelle vene.

DUECENTO – Una vita alla Roma per Florenzi, ad eccezione di una sola stagione in B a Crotone. Giusto il tempo di vincere il premio come miglior giovane del campionato e tornare. Quella con il Sassuolo è una gara speciale per Florenzi, una giornata storica: Ale raggiunge oggi le 200 presenze in maglia giallorossa in tutte le competizioni. Traguardo importante per un romano e romanista che vive le partite in modo unico. La prima è quella che non si scorda mai: maggio 2011, Roma-Samp all’Olimpico, in panchina Vincenzo Montella. Vicino a lui quel ragazzino sbarbato con lo sguardo determinato di chi vuole diventare una bandiera della Roma. Pensiero fisso da quando ha iniziato a giocare a calcio. A un certo punto l’allenatore giallorosso si gira verso di lui: «Ale, scaldati che entri». Quasi non ci credeva. Fuori Totti, dentro Florenzi. Un sogno: «Ero teso, ma Francesco mi ha sorriso e mi ha tranquillizzato». E chissà come si sentiva tranquillo quando nella gara di Champions contro il Barcellona ha segnato da 60 metri. Un gol che ha fatto il giro del mondo ma lui non si è esaltato: «Volevo darla a Dzeko, poi ho deciso di provarci». Umile e sincero. Come l’abbraccio alla nonna in tribuna dopo la rete nel derby. Anche lì, la semplicità fatta persona e un gesto che è passato alla storia. Sette anni in prima squadra (più altri nove nel settore giovanile). Florenzi è il sogno di ogni bambino, è quel ragazzo diventato uomo dopo aver superato le difficoltà della vita. Dal Sassuolo al Sassuolo, il giorno delle 200.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti