Da Maldini a Totti e Raul: è così difficile rispettare le «bandiere»?

Il Quotidiano Nazionale (P.Franci) – Nel simbolismo pallonaro con il pieno di retorica, quelli come Francesco Totti sono racchiusi in un drappo di stoffa. Bandiere, le chiamano. E la spiegazione è doppia: 1) nulla è più sacro della bandiera. 2) lo è chi spende la sua carriera, intera o quasi, vestito di un solo colore. Da qui, le leggende (del pallone) diventano storie e le storie diventano leggenda. A volte, anche storiacce tristi o perlomeno evitabili, come nel caso del capitano giallorosso. Sacrosanta la scelta del club di pensionarlo a quasi 41 anni. Perlomeno discutibile la modalità. Per dirla alla Malagò, suo amico ma soprattutto numero uno dello sport italiano, l’addio al calcio: «Forse lo doveva dare lui». Si consoli, Totti, perché è in buonissima compagnia.

Del Piero, ad esempio, campione del mondo con Totti nel 2006. Ieri a Sky, Alex si è definito «amico, ex compagno e fan» del numero 10 giallorosso, commentando così la situazione: «solo lui, quando parlerà e credo che sarà presto, ci potrà dire qualcosa in più». Alex lasciò la Juve al termine della stagione 2012. Nel febbraio 2011 scrive sul suo sito: «Per la Juve firmo in bianco». Agnelli non gradisce e otto mesi dopo annuncia: «Questo sarà l’ultimo anno di Del Piero alla Juve». Uno come Totti è senza dubbio Paolo Maldini. Anche lui 25 anni con una sola maglia, dal 1984 al 2009. Il 25 maggio di quell’anno, gioca la sua ultima partita a San Siro e la Curva rossonera lo contesta, facendogli pagare alcune dichiarazioni sul tifo organizzato. Dopo il ritiro, il club non gli ha mai proposto un ruolo nella società. Tre scudetti e due Coppe dei Campioni, la nomina a vice presidente nel 1979, appena smesso di giocare. Poi, arriva Berlusconi e per Gianni Rivera non c’è più spazio al Milan. E lo zio Bergomi? Gran signore e bandiera ammainata senza fronzoli. Succede quando arriva Marcello Lippi, nel 1999. Il tecnico gli dà il benservito, lui ha offerte da altri club, ma piuttosto che tradire l’Inter smette di giocare. E l’Inter lo ripagherà senza mai offrirgli un ruolo nel club.

C’era chi voleva diventare bandiera romanista come papà Bruno e invece lo è stato a Cagliari. Daniele Conti, 16 anni in rossoblu, ha detto addio alla sua’ terra in lacrime nel 2015, dando disponibilità per un ruolo nel club di Giulini. Recentemente ha dichiarato: «Non ho sentito più nessuno». E John Terry? miele e baci per il recente addio, ma resta il fatto che, prima dell’avvento di Conte, il capitano del Chelsea s’aspettasse il rinnovo. E invece Abramovich gli dice ciao. Se vi dovesse capitare di entrare a Valdebebas, nella Ciudad Real Madrid, preparatevi a trovare foto di Raul ovunque. Eppure anche lui fu costretto all’addio, da Mourinho, che voleva relegarlo al ruolo che Spalletti ha ritagliato per Totti. Raul, una vita al Real e record a raffica, preferì emigrare allo Schalke. Ancora Mou è il carnefice’ di Casillas, leggenda della porta blanca. Pensate un po’ nel 2015 gli mette davanti Diego Lopez, meteora rossonera, e con Ancelotti non va meglio. Per Iker, due annate difficili poi l’addio. Scintille con Ferguson, divorzio ed esilio anche per Roy Keane, storico capitano dello United per 12 stagioni, costretto dallo stesso sir Alex a lasciare i Red Devils dopo accuse reciproche e liti feroci. Altro giro, altro caso Toni. Steve Gerrard, dopo 17 anni, non ha alcuna intenzione di lasciare il Liverpool, spera nel rinnovo, ma gli dicono no e lui non può fare altro che volare in America.

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