Cutrone e Calabria sono olimpici, la Roma abbattuta torna quinta

La Gazzetta dello Sport (S.Vernazza) – Indiavolato, sempre di più. Il Milan vince in casa della Roma e fa un gran favore all’Inter, che si ritrova di nuovo quarta e in zona Champions League, a danno dei giallorossi scivolati al quinto posto, ma è un regalo di facciata, pura apparenza. Col derby in arrivo il Milan avrà presto la grande occasione di risalire a meno quattro dai nerazzurri. Visto come vanno le cose sulle due rive dei Navigli, non c’è dubbio su chi sia il favorito di domenica sera. Il Milan non può più nascondersi, questa vittoria all’Olimpico fornisce l’ultimo certificato di ritrovata grandezza. Successo nitido per come è stato pensato, costruito, realizzato. Rino Gattuso si prende il diploma di allenatore sul campo, titolo che nessun corso di Coverciano potrà mai garantire. Oltre la grinta c’è di più, un’idea di calcio ibrida, un po’ sacchiana, perché la squadra è corta e pressante, e un po’ trapattoniana, perché il baricentro è basso. Una specie di compromesso storico calcistico, ecco. Sei vittorie nelle ultime sette giornate di campionato. Ieri sera, oltre al «serial bomber» Cutrone, ha segnato Calabria: ragazzi venuti dal vivaio milanista e potenziali azzurri. Un raggio di sole nell’eclissi del nostro calcio, c’è ancora speranza.

45’ PER SEMINARE – Nel primo tempo partita imbalsamata da reciproci tatticismi, cose che succedono se si contrappongono sistemi di gioco similari, quasi uguali. Chi guarda il mondo con l’occhio della fase difensiva sarà rimasto soddisfatto dal Milan. Gattuso ha cementato due linee strette, tenute assieme dal mutuo soccorso tra difensori, centrocampisti ed esterni d’attacco, e con la gentile collaborazione di Cutrone, nei primi 45 minuti in versione «non centravanti»: mai rifornito, si è dedicato in esclusiva alla pressione su Strootman, regista giallorosso. Il Milan oggi è squadra perché ricerca l’unità collettiva e non si disperde in personalismi. Bonucci, per esempio, ha smesso di lanciare e di predicare, difende e appoggia senza manie di grandezza. Il gruppo nel suo insieme tiene chiuso ogni ingresso, centrale o laterale che sia, l’allegria difensiva dell’era Montella è un ricordo. Quasi si tocca con mano il lavoro fisico-tattico svolto a Milanello, che sospettiamo essere martellante, ripetitivo, forse ossessivo. Corsa e organizzazione, ordine ed essenzialità. L’estro viene distillato e deve essere funzionale all’utile. Prima si semina, poi si va alla mietitura.

45’ PER RACCOGLIERE – All’intervallo si ragionava sulla solidità milanista e sul contrappasso dello scarso fatturato in attacco. Tre minuti di secondo tempo sono bastati per smontare ogni critica alla presunta scarsa pericolosità dei «gattusiani». Cutrone si è autoprodotto il gol dello 0-1: sulla sponda di Kessie, l’attaccante ha allargato in fascia per Suso e poi è filato in area a bruciare Manolas e a deviare la palla in rete. Aiutati che il calcio ti aiuta. Cutrone 1 da regista improvvisato, Cutrone 2 da bomber vero. A quel punto la partita ha preso la piega ideale per i rossoneri, sempre più ferrei nel 4-5-1 del non possesso e sempre più ariosi nel distendersi in ripartenza. Bastava respingere o rubare palla per andare giù in discesa, a rotta di collo. Lo 0-2 è stato fisiologico, anzi aritmetico, e l’ha generato Kalinic con un bell’assist per l’accorrente Calabria. A quel punto, il Milan ha fatto passerella e Borini, con snobismo, si è divorato la terza rete.

MALAROMA – Di Francesco è ritornato al 4-3-3, suo sistema di riferimento, ma ci sono stati problemi di interpretazione. Nainggolan non è nel pieno possesso delle proprie facoltà atletiche, non sta bene a quanto pare, e ha vagato alla ricerca della posizione perduta. Il belga partiva da interno di sinistra e finiva per incaponirsi in strappi sulla trequarti. Un campione errante, che ha perso certezze e conoscenze, e non più dominante al contrasto, il pari stazza Kessie gli ha rotto un dente. Strootman, sostituto dell’affaticato De Rossi in regia, ha rappresentato l’altro anello debole. L’olandese non eccelle nello smistamento palla: tocchi banali, a volte inutili. Poi Schick, scollegato, poco cercato dai compagni, forse ignorato. Un eccesso di equivoci e di gente fuori posto, che ha destrutturato la Roma. Il Milan per un tempo ha illuso i giallorossi, ha lasciato che si cullassero in una bolla di superficiale superiorità, e poi li ha colpiti con chirurgia di pensiero e di azione. Si è vista una Roma ondivaga, troppo cangiante. Di Francesco ha provato a sparigliare, ha immesso Dzeko, Defrel e Gerson e tentato l’assalto frontale con un 4-2-4, ma ha soltanto alzato della polvere. Roma povera di spirito, per di più, e questo pare il male maggiore.

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