Cori, bandiere e tifosi. Via le barriere, è stata la rivincita delle curve

Corriere Della Sera (S.Agresti) – E d’improvviso, il derby torna normale. Con i tifosi in curva, con le bandiere al vento, con la gente che canta. Come se quasi due anni di guerra fredda alle istituzioni — giù le barriere oppure non torneremo all’Olimpico — non ci fossero mai stati: i 2 metri e 40 centimetri di plexiglass che dividevano a metà la Sud e la Nord sono stati abbattuti, il popolo della Roma e quello della Lazio rianimano lo stadio. Hanno vinto loro? Chissà se è giusto leggerla così. Di sicuro ora se la godono. La Curva Sud, la più dura nella protesta ormai dal 2015, è pressoché piena già un’ora prima. Come se i tifosi della Roma si dovessero riprendere il tempo perduto, come se avessero risparmiato energie e fiato per gridare in questa sera che è speciale perché di fronte c’è la Lazio, perché c’è da compiere un’impresa complicatissima, perché finalmente si torna allo stadio. Hanno anche marciato, in 400, per avvicinarsi all’Olimpico, un corteo pacifico che è un segnale: sì, stavolta ci siamo. E pazienza se le curve sono ancora separate, per loro l’importante è che non ci siano più le odiate barriere: la fila di steward che le ha sostituite è tutt’altra faccenda.

I laziali, che sono ospiti, entrano in curva più tardi, ma il risultato è lo stesso: anche la Nord è piena, del resto già da qualche tempo gli ultrà hanno ricominciato a frequentarla. E in effetti si ha la sensazione che per quattro derby — due nella scorsa stagione, due in questa — ci siamo persi qualcosa di bello quando sventolano centinaia di grandi bandiere giallorosse e migliaia di piccole bandiere biancocelesti. Bentornato, derby. Dzeko, che è alla seconda stagione romana, si guarda attorno stupefatto: una curva così l’aveva conosciuta solo nei racconti dei compagni. Semmai viene il sospetto che, fino a questa serata, la gente della Sud si fosse trasferita in tribuna Tevere, che adesso è una terra di mezzo popolata da una manciata di tifosi. È per quei vuoti che gli spettatori arrivano solo a 43 mila: tanti, comunque, rispetto al deserto del recentissimo passato. Il gol di Milinkovic-Savic, e poi quello di El Shaarawy, accendono gli animi in campo, non in curva: là si continua a cantare. È invece la tribuna Monte Mario, quella dei vip, a scaldarsi un po’ troppo, e gli steward devono adoperarsi per sedare piccoli focolai di tafferugli. Alla fine, i laziali, ma anche i romanisti eliminati, vanno ad applaudire i tifosi. Doveva essere il grande giorno delle curve e, almeno dentro l’Olimpico, così è stato.

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