Conti (CT Setterosa) a PR: “La romanità è una cosa che ti porti dentro. Il presidente deve fare il presidente e mettere i danari” – VIDEO

Pagine Romaniste (Y.Oggiano) – Una medaglia d’argento alle Olimpiadi, bronzo ai Mondiali, un oro, un argento e un bronzo agli Europei e un argento nella World League. E’ questo il ruolino di marcia di Fabio Conti alla guida del Setterosa, la nazionale italiana di pallanuoto femminile. Intervistato dalla nostra redazione al Foro Italico il CT ha parlato delle due passioni: la pallanuoto e la Roma. Queste le sue parole:

Ha vinto tutto con il Setterosa, come si lavora per vincere quelle che mancano? Cioè l’oro al Mondiale e alle Olimpiadi…
Nello sport non si vince mai tutto, ad ogni medaglia conquistata c’è sempre quella successiva da andarsi a prendere. La pallanuoto, come tutti gli sport di alto livello, ha bisogno di tanta programmazione, di tanta passione, di tanta dedizione. Questo è l’unica ricetta che esiste. Come tutti i giochi sportivi ci vuole del talento, se non hai talento tra le mani difficilmente si riescono a raggiungere certi risultati. Però non solo: ci sono squadre piene di talento che però poi peccano in fase di organizzazione e non raggiungono il risultato. L’unica ricetta che conosco è quella di lavorare a testa bassa.

La pallanuoto è uno sport molto fisico, che differenze o uguaglianze ci sono col calcio?
Ci sono enormi differenze. Nella pallanuoto, parlo nel mio caso di donne, ma anche nella maschile ci si allena 8 ore al giorno in fase di preparazione, quindi si deve dedicare sia l’aspetto fisico in acqua, per quanto riguarda il nuoto, l’aspetto tecnico-tattico in acqua e quello atletico fuori in palestra. Quindi facendo una sommatoria degli stimoli che diamo a questi atleti siamo abituati a dei carichi molto importanti di 7-8 ore al giorno in fase di preparazione. A questo ci si deve aggiungere la fase di lotta, essendo un gioco molto fisico devi curare anche questo aspetto. Paragone col calcio lo ritroverei sotto gli aspetti motivazionali e gestionali di gruppo, non sull’aspetto fisico visto che sono sport completamente diversi. Mio padre ha fatto ha fatto il calciatore professionista e da ragazzino vivevo negli spogliatoio del calcio e so esattamente qual è la differenza. Mio papà portava d’esempio lo sport acquatico ai ragazzi quando facevano scuola calcio.

Che cosa ne pensa di Di Francesco? Che cosa può dare in più a questa Roma?
E’ un allenatore con caratteristiche interessanti perché ho visto una delle doti più importanti che può avere un allenatore che è quella della flessibilità: non avere un preconcetto in testa e non adattarsi ai giocatori che ha a disposizione. Per me l’allenatore è questo, quello che tira fuori il meglio da quello che ha a disposizione senza dover seguire per forza i propri dettami. Di Francesco ho visto che nel tempo ha avuto quella elasticità di adattare ruoli, squadra ai suoi credo calcistici.

Qual è il più bel ricordo che lo lega alla Roma?
Ho seguito in diretta lo scudetto di Liedholm e quello di Capello, questi sono i miei ricordi più belli. In particolare ce n’è uno che ci lega alla pallanuoto: 10 anni fa gestivo in prima persona la Roma pallanuoto femminile con la quale vincemmo nel 2007 e nel 2008 la Coppa UEFA del calcio. All’epoca siamo stati ospiti all’Olimpico nell’apertura di una partita. Quello è stato un bel ricordo.

Qual è l’emozione che lo lega di più a Totti?
Il suo gol contro il Parma, un urlo liberatorio. Credo che quello sia stato un po’ l’apice della sua carriera con la Roma, senza nulla togliere al Mondiale con la Nazionale. Incarna il simbolo della romanità e del calciatore. Credo che si stia guardando intorno per avere un ruolo ben definito e vederlo lì fermo in tribuna ci fa un po’ male. Spero che stia studiando da dirigente, qualcosa che possa incidere di più in giallorosso.

La romanità è stata sempre un punto fondamentale nella Roma. E’ dannosa o porta a successi?
La vedo sempre come un aggettivo in positivo. La romanità è una cosa che ti porti dentro e deve darti quel qualcosa in più. Si è parlato nel tempo passato di eccessivi nervosismi di chi ha questa appartenenza durante i derby, nelle rese in campo o meno. Devo dire che in generale un club deve diffondere e infondere nei propri atleti la storia. Così come lo deve fare una nazionale, bisogna avere questo tipo di appartenenza, sapere chi siamo, da dove veniamo per poter avere dei risultati. Inviterei diversi giocatori nuovi a farsi una passeggiata nel cuore pulsante dove sta la tifoseria quella vera, ti farsi un giro nella città, nei posti che contano per capire la passione che c’è dietro uno sport come questo. Mi viene in mente una cosa che fece l’Argentina prima della finale ai Mondiali contro la Germania: fecero vedere tutti i messaggi che venivano dalla tifoseria, dal cuore pulsante dell’Argentina per capire cosa si prova. La domenica, prima di andare allo stadio il pullman se facesse un giro nei quartieri come si deve, magari una spinta in più i nostri giocatori ce l’hanno.

La società ha lavorato molto per i tifosi che dicono a Pallotta di essere più presente. Che opinione ha del presidente?
Dico che il presidente deve fare il presidente, cioè mettere i danari, poi c’è tutta un’organizzazione. Che il presidente sia presente o meno è una storia vecchia. E’ chiaro che abbiamo i ricordi di Viola, di Sensi, di quel tipo di presidente che ha anche una presenza morale. Ma siamo in un mondo diverso e il presidente metta i danari e poi sta a chi fa le veci del presidente far sentire la sua presenza allo staff, ai giocatori, ai tecnici. La Roma è un’industria e dovrebbe avere tutte le persone al posto giusto e quindi non dovrebbe essere quello a mancare. Le proprietà possono essere americane, cinesi ma in campo ci vanno i giocatori quindi è quello che fa la differenza.

Il Setterosa e il Settebello sono stati sempre all’apice mentre il calcio zoppica. Come può fare il movimento calcistico a restare ai vertici?
Siamo stati l’unico sport di squadra a prendere doppia medaglia a Rio: noi siamo arrivati secondi e i maschi di Sandro Campagna terzi. Ho avuto il piacere di parlare diverse volte con i CT della nazionale maschile ai tempi Prandelli ma l’ho fatto anche con Ventura prima della mancata qualificazione al Mondiale. Credo che bisogna rivedere un pochino la base dell’attività giovanile, è quello il problema. Deve essere incentrata completamente in un’altra maniera. Oggi si costruiscono giocatori per vincere già nelle categorie inferiori e poi quando arrivano all’apice dobbiamo andarli a cercare all’estero dove gli hanno fatto fare quell’esperienza e quegli errori che qui in Italia non sono concessi fare alla giusta età. Tutto deve partire da lì. Si parla di mancanza di talenti, dei numeri 10 di una volta, credo che girando nei campetti di calcio di periferia, solo a Roma, di talenti se ne vedano tanti. Poi il problema è organizzarlo questo talento, metterlo sulla strada giusta e fargli avere la maturazione nei tempi consoni. Purtroppo il calcio, in questo, è diventato più una fabbrica di sponsor, di nomi e forse dietro l’arrivo di tutti questi stranieri ci sono dei giri che non mi competono. Sicuramente i talenti, come c’erano prima, ci sono anche adesso, l’importante è farli lavorare nella giusta maniera.

Lei ha cominciato da nuotatore e poi è passato alla pallanuoto. Perché questo cambiamento e che cosa l’ha spinta?
E’ stata un po’ una fortuna perché quando lo facevo da ragazzino era uno sport multi-disciplinare, cioè si facevano le base sia del nuoto, della pallanuoto e del salvamento affinché un ragazzo potesse trovare velocemente la sua strada e cambiare. Avendo acquisito le basi di queste discipline che facevano sempre appartenenza all’acqua, chiaramente era più semplice il cambiamento. Poi un’attività di squadra è più piacevole che non l’attività indivudale. L’attività da cronometro se non sei nei top al mondo diventa difficile da gestire. Quella di squadra ti dà delle soddisfazioni completamente diverse perché risponde alla motivazione personale proprio di un ragazzo di stare anche in compagnia e di crescere insieme agli atleti. Devo dire che la pallanuoto in questo è una disciplina molto rigorosa perché è vero che è di contatto però ci sono delle regole non scritte molto ben precise: non si può rispondere all’arbitro, difficilmente si vedono scene di isterismo, di buttarsi in area per finta, qualcosa di quello che vediamo nel calcio. E’ uno sport serio.

Ha parlato di arbitri, che cosa ne pensa del VAR? E’ favorevole?
Assolutamente perché ho visto che cosa ha portato nella pallavolo mondiale. Se la tecnologia ci porta ad eliminare delle cose che prima erano totalmente in mano agli arbitri che ben vengano. Io sono totalmente favorevole e ripeto che le squadre vincono se hanno talento e giocano bene anche se poi ci sono stati dei casi di squadre che sono allo stesso livello dove un episodio può spostare. Se in un episodio l’arbitro può essere aiutato da un sistema macchinario ben venga.

Nella pallanuoto come lo vede?
Stiamo per cambiare il regolamento a livello mondiale. Uno dei problemi del nostro sport è l’incomprensione da parte dei non addetti ai lavori che cosa sta fischiando l’arbitro. Si sta cercando di fare opera di pulizia in tal senso. Lavoriamo molto con la video-analisi, ma non in diretta, anche nella pallanuoto una VAR su determinate cose sarebbe molto utile. Avrebbe portato una medaglia in più già questa estate perché alla nazionale maschile è stato annullato un gol sulla linea di porta che era nettamente dentro.

I suoi sogni e obiettivi?
Viviamo di Olimpiadi, quindi il nostro obiettivo è tutto incentrato su Tokyo 2020 e quindi il sogno è arrivare di nuovo in finale e stavolta cercare di arrivare fino in fondo.

Che cosa spera per la Roma?
Sarebbe sciocco dire uno scudetto o una Coppa Campioni, che chiaramente sono speranze. Il sogno che la società costruisca un percorso costante nel tempo. La Roma purtroppo negli anni ha vissuti alti e bassi, abbiamo avuto scudetti e poi anni di dimenticatoio. Buoni risultati ma non completamente così alti per mancanza di qualcosa. Credo che tutto parta dall’organizzazione. I giocatori, quando arrivano in una società, devono sentirla questa organizzazione, se la devono vestire addosso e devono essere messi in condizioni di portare questi risultati nel tempo. A parte uno scudetto o una Coppa dei Campioni che festeggerei volentieri, la cosa che più mi auguro è che diventiamo una squadra competitiva, ma con costanza nel tempo.

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