Corriere dello Sport (G. D’Ubaldi) – Era molto amato dai romanisti, che lo avevano soprannominato “Il portierone”, anche se era alto solo 1,80 cm. E’ scomparso ieri all’età di 81 anni Alberto Ginulfi. Ha difeso la porta giallorossa per tredici stagioni, in un periodo di alti e bassi per la squadra passata da Carniglia a Liedholm, attraverso Pugliese a Helenio Herrera, i due allenatori che hanno segnato di più la sua carriera. Romano di San Lorenzo, considerava il più importante trofeo della sua carriera il titolo italiano Juniores conquistato nel 1959. In quella squadra c’erano anche De Sisti e Carpenetti. Picchio divenne poi suo parente per aver sposato una cugina. La gente ricorda Ginulfi per le due Coppe Italia vinte (quella del 68-69 da protagonista), per le memorabili parate in una partita vinta a Torino contro la Juve.

Ma viene ricordato soprattutto per il rigore parato a Pelé in un’amichevole giocata all’Olimpico il 3 marzo 1972: Pelé fece una finta, Ginulfi non abboccò e parò con una sola mano. Il grande O’Rey a fine partita si complimento e gli regalò la maglia numero dieci del Santos, che Ginulfi ha custodito tra i ricordi più cari. “Questa è una rarità, a quei tempi si indossava una sola maglia, non come oggi che in ogni partita se ne cambiano tre“, raccontava mostrandola con orgoglio. Nel 1971 il Comandante Alber to Marchesi scriveva di lui sulle colonne del Corriere dello Sport: “Ginulfi è il portiere moderno per eccellenza“.

Agli inizi degli anni Settanta, l’ultimo servizio di un Tg1 serale era dedicato
ad Alberto Ginulfi. Le immagini in bianco e nero erano accompagnate dalla canzone di Little Tony “Un cuore matto“. Una leggera malformazione cardiaca lo fermò per due mesi, segnandone inesorabilmente il declino, la perdita del posto da titoare, con l’ultima stagione trascorsa in panchina: “Una banalità, i battiti tornavano regolari sotto sforzo, non dovevano fermarmi, ma era da poco scomparso Taccola e i medici avevano paura”

La più grande delusione della sua carriera è stata l’eliminazione dalla finale di Coppa delle Coppe nel 1970 per mano dei polacchi del Gornik Zabrze al sorteggio con la monetina, dopo tre partite finite in parità. Ginulfi non si diede pace per mesi. “Peirò era il nostro capitano. All’inizio della partita e prima dei supplementari per la scelta di campo indicò testa e usci testa. Al momento fatidico voleva ribadire la sua decisione, ma si avvicinò Herrera di corsa, lo prese per il braccio e gli disse di optare per croce. Usci testa per la terza volta….” Dopo la Roma ha concluso la carriera di portiere nel Verona, la Fiorentina (con Mazzone in panchina fece una sola presenza) e Cremonese in B.

Intrapresa la carriera di allenatore dei portieri, era nello staff tecnico di Malatrasi quando la Roma Primavera vinse il toreo di Viareggio. Qualche anno dopo Perinetti, che lo aveva conosciuto in giallorosso, lo chiamò al Napoli. Si tolse grandi soddisfazioni con Bianchi e poi con Bigon, che seguì anche in Svizzera, al Sion. Ma la Roma gli è sempre rimasta nel cuore. Fino alla fine.