Cercasi traghettatore ma il Chelsea è su Conte

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Il Corriere della Sera (L. Valdiserri) – Anche il valzer delle panchine non aiuta la Roma, né nell’immediato né per la prossima stagione. Non è un mistero che il d.g. Mauro Baldissoni e il d.s. Walter Sabatini, anche per coprire i loro errori, tengano viva con James Pallotta l’ipotesi di avere Antonio Conte sulla panchina giallorossa dopo Euro 2016. Un nome che può anche non piacere al 100% dei tifosi, ma che è garanzia di lavoro e risultati, cioè quello che manca alla Roma attuale. La rescissione contrattuale tra Mourinho e il Chelsea, però, può trasformarsi in un ostacolo imprevisto. Roman Abramovich, infatti, sta cercando un allenatore per sei mesi (Guus Hiddink è il favorito) in modo da poter scegliere una soluzione definitiva per la prossima stagione. Sulla lista, ai primi posti, c’è proprio Antonio Conte.
Il discorso del traghettatore – ma, ahimé, con meno appeal di quello che ha il club londinese – piacerebbe molto anche alla Roma. Garcia non si dimette e non sarà facile nemmeno trovare una transazione con lui (2,5 milioni netti a stagione fino a giugno 2018). Gli allenatori importanti non accettano contratti da sei mesi. Come evitare di sfondare le casse societarie pagando addirittura tre allenatori?

L’Inter non ha avuto paura di esonerare Mazzarri per dare la squadra a Mancini, che però ha ottenuto carta bianca sul mercato e un contratto lungo. Pallotta può permetterselo?
I contatti «veri» sono stati intrecciati con Marcello Lippi e con Luciano Spalletti. Il c.t. campione del mondo 2006 ha dalla sua l’esperienza internazionale e un grande rapporto con Francesco Totti. Spalletti, che nelle ultime ore è diventato il vero favorito alla successione, ha fatto bene a Roma, sotto la gestione Sensi, vincendo due coppe Italia e una Supercoppa. E ha dalla sua una gran parte della tifoseria. Ora chiede due anni e mezzo di contratto e per problemi fiscali con lo Zenit non firmerebbe l’eventuale accordo prima di martedì prossimo. Altre soluzioni – da Bielsa a Capello, da Mazzarri ad altri nomi che sarebbero una clamorosa sorpresa – non sembrano esserci.
Contro il Genoa, domenica pomeriggio, la Roma rischia di giocare nel deserto. Non solo la curva Sud ha confermato lo sciopero, ma ha addirittura chiesto ai tifosi di ogni settore di non entrare.
Quello che la Roma americana non ha capito è che il calcio non è un entertainment e che il senso di appartenenza da noi è molto diverso rispetto a uno sport dove una squadra si può chiamare Jazz anche se gioca tra i mormoni dello Utah perché prima del trasferimento era a New Orleans. Sabatini, quando ha avuto i pieni poteri, ha detto: «Non affezionatevi ai giocatori». Un discorso buono per gli affari, non per lo sport. Come convincere i giocatori a fare un metro in più sul campo se non esiste empatia tra loro, il pubblico e il club che li considera asset e non uomini?

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