Cercasi gol, Abraham: “Se non segno non dormo”

Il Messaggero (A. Angeloni) – Una Champions League e una Supercoppa europea le ha portate a casa, a ventiquattro anni, con la maglia del Chelsea, club top della Premier, da cui mai sarebbe voluto scappare; ora canta l’inno della Roma, vive da innamorato, segna un sacco di gol e sogna un successo giallorosso. Come quello, chissà, un giorno nemmeno troppo lontano.

Tammy Abraham è ambizioso, ha segnato e continua a segnare. Gli dà anche un po’ fastidio non esserci riuscito a Marassi: una vera occasione, facile facile, fallita grossolanamente. E non è da lui. Gli dà fastidio non tanto per non aver raggiunto il record di Sciabbolone Volk (accadrà presto), che nel 29 segno 24 reti alla sua prima stagione nella Roma, ma per aver quasi tradito le attese di Mourinho, suo mentore, e deluso se stesso, che vive per il gol. “Se non segno o non gioco bene, non ci dormo la notte, potete chiedere alla mia ragazza. Lo stesso vale se sbaglio un gol, ma ho già segnato, sono arrabbiato perché volevo segnarne di più“, le sue parole a talksport.com.

Tammy segna e sogna, giovedì c’è la Conference e non vuole mancare, nonostante il problema alla spalla: oggi ulteriore ecografia di approfondimento, che dovrebbe/dovrà scongiurare guai seri. Già, visto che in Norvegia, con ogni probabilità, Mou non avrà a disposizione nemmeno Zaniolo, che continua a lavorare a parte e magari sarà pronto per la Salernitana (mancherà Pellegrini). O per una scomoda – e gelida – panchina a Bodo.

Tornando a Tammy, lui sì, punto fermo di questa rinnovata Roma mourinhana, fatta di compattezza in difesa e nella mediana e qualità nei cinque offensivi, i due trequartisti, l’inglese e i due terzini (che come dice José non sono terzini). Abraham si trova bene, ci si vede ora e nel futuro, anche se un giorno la Premier tornerà a essere la sua casa, sempre con la Roma nel cuore, sia chiaro. «Sono cresciuto in Inghilterra, sono londinese e magari tornerò in Premier ma ora sono focalizzato sulla Roma, nel fare del mio meglio qui sperando di vincere con questi ragazzi un trofeo, che qui manca da molti anni».

Ecco, appunto, la Conference capita a pennello. E c’è una vergognosa pagina, il 6-1 in Norvegia nella fase a gironi, da cancellare. Mou lo attende, anche perché quella di giovedì rischia di essere la partita con la maiuscola. Ma che pensa l’inglesino del suo allenatore? «E’ il miglior al mondo. Sa come guidarti, come entrare dentro la tua pelle e come farti sentire speciale. Voglio fare del mio meglio per lui. Quando penso di aver fatto abbastanza, mi chiede di fare di più. L’avevo sperimentato già al Chelsea, quando giocavo nelle giovanili: era stato sempre duro con me, mi spingeva sempre a fare meglio. Proprio ciò di cui avevo bisogno, quella guida e quella spinta, ancor di più dopo l’ultima stagione al Chelsea, nella quale non ho giocato molto. Venire a Roma e avere un allenatore come Mourinho ti fa avere più fiducia in te stesso». E per ora, Tammy ha ripagato.

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