Femminile, Bavagnoli: “Nella mia vita, come penso per la vita di tutti, l’impatto del Coronavirus è stato traumatico”

L’allenatrice della Roma Femminile Elisabetta Bavagnoli ha rilasciato delle dichiarazioni al programma “L’Italia Riparte”. Ecco le sue parole:

Come ha vissuto il Coronavirus?

Nella mia vita, come penso per la vita di tutti, l’impatto è stato traumatico. È stato un qualcosa di inaspettato, si faceva fatica ad affrontare. Oltretutto, io sono di Piacenza, una città profondamente colpita durante la prima fase di questo Coronavirus e la situazione è stata molto critica. C’è stata una percezione di incertezza, io personalmente sono stata molto preoccupata per la mia famiglia che vive a Piacenza. Abbiamo faticato ad abituarci a qualcosa che ci ha colti di sorpresa.

Quando ha capito che si poteva ripartire?

È una domanda interessante. Devo essere sincera: le cose da dire sarebbero tantissime. Inizialmente, io ero convinta che non si potesse ripartire per le tante problematiche che ogni realtà italiana affrontava. Più si andava avanti, si percepiva la difficoltà di alcune zone d’Italia come la Lombardia. Si doveva ripartire tutti insieme e con le stesse condizioni, aggiungo che penso che abbiamo impiegato troppo tempo sulla partenza e non ripartenza del calcio femminile. Le cose non erano obbligatorie, non era un obbligo ripartire. Credo ci sia stato da parte di tutte le componenti la comprensione di questo, cioè è stato impiegato troppo tempo per decidere, ci siamo trascinati troppo in questa situazione e non è stato positivo.

La sua squadra come ha vissuto il periodo di lockdown?

Tutte le calciatrici sono state molto brave, nella prima parte di questo lockdown non era facile restare chiuse in casa ad allenarsi, affrontare sessioni di allenamento pesanti adattandosi a spazi ridotti. Queste sono situazioni che stravolgono la vita professionale di ogni atleta, devo dire che sono state brave. Con il passare del tempo, la fatica e la difficoltà dal punto di vista mentale si è fatta sempre più sentire, loro avevano il desiderio di tornare in campo. Non è stato possibile ricominciare perché se non hai il placet da parte dei medici, di un protocollo sanitario, di una struttura sanitaria, è evidente che i problemi ci sono.

Qual è il ruolo del calcio femminile in futuro?

Noi che operiamo in questo mondo siamo sempre state convinte di arrivare al professionismo. La mia generazione 20-25 anni auspicava il professionismo nel nostro mondo, adesso cerchiamo di lavorare bene e lottare come sempre per arrivare a un professionismo. È evidente che noi auspichiamo a un professionismo che deve essere studiato da tutte le parti in causa, non possiamo fare un passo che non sia tutelato da tutti i punti di vista, questa è l’unica via necessaria affinché il calcio femminile possa continuare a dimostrare tutta la sua bellezza e l’emozione che ha suscitato.

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