Corriere dello Sport – Riecco il “suo” 4-3-3. Ma con il Pescara a volte ha cambiato…

Uomini simili, mentalità simile, concetti diversi. Il 4-3-3 di Zeman è un’altra storia rispetto al 4-3-1-2 che aveva provato a introdurre Luis Enrique«Se gioco sempre con quattro difensori, tre centrocampisti e tre attaccanti è perché credo che questo sia il sistema migliore per coprire il campo»racconta sempre Zeman a chi gli chiede il motivo di tanta ostinazione sul modulo base, a prescindere dagli interpreti.
Il presupposto del suo calcio è una condizione atletica brillante. Perché tutti devono fare un lavoro eccezionale nell’arco di una partita, tra tagli e sovrapposizioni, pressing e recuperi. Rispetto al possesso palla orizzontale, insistito e sfiancante di marca barcelonista, il suo è un possesso palla verticale, basato sulla rapidità e sull’effetto sorpresa.
Il punto debole è sempre stato la fase difensiva, evidentemente. Il baricentro alto e il fuorigioco esasperato sottopongono la squadra a squilibri che in certi casi non sono sopportabili. Ma è stato così anche in questa stagione della Roma, con Luis Enrique: ogni palla persa a metà campo diventava un’occasione da gol per gli avversari. E’ andata meglio al Pescara di Zeman, che anzi in questo straordinario campionato di serie B ha mostrato più cautela del solito. In certi momenti delle partite, ha persino “rinnegato” il 4-3-3 passando al 4-4-2.
Come potrebbe giocare la Roma di Zeman? Con Stekelenburg in porta, a patto che si adatti a giocare venti metri fuori dai pali. Difesa da ricostruire (anche se oggi il quartetto potrebbe essere Rosi-Kjaer-Burdisso-Josè Angel), centrocampo di qualità e quantità, attacco con Totti centravanti (e non esterno, stavolta) e due punte esterne: Lamela e Borini.
Corriere dello Sport – Roberto Maida 

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