Via alla Coppa, Spalletti: «La Roma è ossessionata»

La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini-D.Stoppini)Luciano Spalletti, «inviato speciale», prova a suggerire il titolo – «Dzeko è divino» – ma dalla redazione una traccia la scegliamo noi, oltre tutto, oltre l’«ossessione» della vittoria e il no agli apprendisti. Parte oggi la «Coppa Spalletti», perché da queste parti è giusto definirla così, una competizione che ha visto (quasi) sempre il tecnico protagonista, che è poi il traguardo che il tecnico s’è appuntato per bene, nella testa e pure su un foglietto prima di una conferenza stampa poche settimane fa. La Coppa Spalletti ha radici ben chiare: delle quattro stagioni intere passate sulla panchina della Roma, l’allenatore è arrivato sino alla finale in tre occasioni, tutte contro l’Inter, vincendo per due volte. «E io posso dirlo, quando alzi queste coppettine, come le chiamate voi, inizia una vita nuova, tutti si sentono più forti. E la Roma ha necessità di vincere».

LA LAVAGNA Eccola, l’ossessione. «Sì, mi riconosco nella definizione di Salah – ancora l’allenatore –. Qui siamo tutti ossessionati dalla Roma, dalla voglia di dare tutto. La Roma diventi un moto perpetuo: siamo sulla strada buona, per quanto visto ultimamente. Vale pure per la partita di Coppa Italia: bisogna vincere, punto. Altrimenti mostriamo di essere mediocri. E nella Roma i mediocri non ci possono stare». È il punto di partenza di un allenatore che sente l’odore di quella preda che si chiama Juventus, forse mai così vicina. E il racconto di quanto accaduto nello spogliatoio lunedì, dopo la vittoria di Udine, lo dipinge alla perfezione: «Sapete cosa ho fatto? Ho diviso in due la lavagna: da una parte la classifica reale, dall’altra quella come se a Udine avessimo pareggiato. Ecco, per quelli che si accontentano la classifica è la stessa, saremmo secondi ugualmente no? Ma in realtà ci sono 50 differenze tra l’una e l’altra. Non possiamo più perdere un secondo di niente. Con un pareggio sarebbe stato tutto più difficile, per di più ci saremmo ritrovati dentro al gruppo di chi ci sta dietro. La diversità tra un giocatore che ha carattere e uno che non lo ha è tutta nel riconoscere questa differenza». In fondo, è lo stesso discorso che Spalletti rivolge a Dzeko: «Per me è magnifico, splendido, divino. Ma è fondamentale non accontentarsi, in un paio di partite gli sono capitate occasioni per segnare 3 o 4 gol, lui ne ha fatti due e poi mi ha detto: “Io sono felice, mister”. La ricerca dev’essere sempre quella di puntare al massimo».

IDENTIKIT – Ecco perché, pure nella formazione di stasera, non sono previsti grandi stravolgimenti rispetto a Udine: esordio stagionale per Mario Rui, quello sì, turno di riposo per Szczesny in porta e (forse) Fazio in difesa. Magari il mercato aiuterà a rimescolare qualche gerarchia. Sul tema Spalletti è molto netto, specie nel dipingere il ritratto dell’acquisto che verrà. Probabilmente fin troppo agli occhi della società in questi giorni di trattative, magari con la voglia di non lasciare dietro di sé dubbi sulla sua posizione: «Un giocatore è andato via (Iturbe, ndr) e va sostituito, solo quello ho chiesto. Ma qui non c’è l’annuncio “A.A.A. cercasi apprendista”. Non c’è tempo per lavorare su un apprendista, serve un professionista che dia subito il rendimento, che sia dentro l’esasperazione del nostro calcio e dei nostri risultati, uno a cui spiegare al massimo un po’ di teoria, ma che la pratica la conosca bene. Musonda qui non giocherebbe. Il ruolo? Un centrocampista offensivo, un attaccante esterno che magari possa anche dare il cambio a Dzeko. E se gioca in Italia tanto meglio». È il profilo perfetto di Gregoire Defrel, che ha già detto sì alla Roma ma è stato blindato (oltre che bacchettato) dal Sassuolo: «Deve adeguarsi a quello che vuole la società», ha detto l’a.d. emiliano Giovanni Carnevali. «Defrel è un grande giocatore – ancora Spalletti –, ma non sono io a dover fare nomi. Ci sta pensando Massara insieme al presidente, è lui che alla fine decide, è lui che deve tirare fuori i soldi». Pare un appello, perché l’ossessione di cui sopra produca risultati e non rimpianti.

 

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