(Verde)Oro che luccica. A Roma rinasce il Brasile

La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – Obrigado, Eusebio. Non è Barilla, è giusto un grazie grande così in portoghese. Perché dalla bocca di questi tre sarà pur uscita una parola carina per l’allenatore della Roma, che ha preso, modellato, incartato e regalato – a loro, alla società e a se stesso – una nuova vita. Motivi diversi, accomunabili da una bandiera che pareva passata di moda a Trigoria. Alisson, Juan Jesus e Gerson, riecco il Brasile giallorosso: qui non è solo questione di minutaggio, semmai quella è la conseguenza positiva di un sensibile cambio di marcia. Fossimo in Borsa, qualche azione di questi tre andrebbe presa come investimento: non è ancora tardi, nelle idee di Di Francesco siamo lontani dal picco.

RUOLO UNICO – Quando era calciatore, Eusebio rispedì velocemente in Brasile con le sue prestazioni un calciatore – Rogerio Vagner – che la società aveva acquistato per giocare (anche) nella sua posizione. Oggi DiFra e il Brasile si sono riappacificati nel nome di questi tre. Prendi Juan Jesus. A lui Di Francesco ha semplicemente chiarito le idee, affidandogli un unico ruolo: centrale di difesa, se è vero che l’uscita da terzino destro con l’Inter fu legata esclusivamente all’assenza di tutti i laterali. Con Spalletti, invece, era un continuo balletto: centrale di sinistra di una difesa a tre, centrale a quattro, laterale sinistro a quattro o persino esterno di un centrocampo a cinque.

FIDUCIA – Poi, prendi Gerson. Lui stesso ha ammesso di avere oggi un’altra testa rispetto al suo arrivo in Italia. Ma l’ostracismo di Spalletti della scorsa stagione fu autolesionistico, oltre che punitivo oltre ogni ragionevole considerazione. Fu mandato a giocare in Primavera dopo aver rifiutato la cessione al Lille: da lì in poi neppure un minuto. «Mi ha detto di voler provare sulla fascia, ma io in quella posizione non lo vedo», disse Spalletti un giorno di fine novembre, salvo poi tre settimane più tardi dopo schierarlo titolare a Torino contro la Juventus. Dove? Sulla fascia, ovvio. Non per convinzione, quella ce l’ha messa Di Francesco, che lì – esterno destro offensivo – l’ha riproposto a Londra, nel momento più difficile, quattro giorni dopo la sconfitta ammazza-entusiasmi contro il Napoli. Benedetti consigli.

ASPETTANDO EMERSON – E infine, prendi Alisson. Che la Roma, nella persona dell’ex d.s. Sabatini, l’avesse individuato come il titolare, è storia nota. Spalletti si impose richiedendo a gran voce il ritorno di Szczesny. Risultato: carriera posticipata di 12 mesi, pure qualche pensiero di lasciare Roma, salvo essere oggi l’immagine più affascinante di una difesa che non sbarella anche quando non convince. «L’anno scorso non avevo il ritmo-partita, ma ho sempre conosciuto le mia qualità – ha detto dal ritiro della Seleçao –. Mi conosco bene, so cosa posso dare, non ho mai mollato e ho aspettato con fiducia il posto da titolare». Ecco: ora perché il lavoro di DiFra sia davvero completo c’è bisogno di altre due rinascite. Manca il ritorno a pieno regime di Emerson, rientrato tra i convocati solo domenica scorsa. E soprattutto il lancio a livelli costanti di Bruno Peres, fin qui l’unico brasiliano ancora deludente della compagnia. Azzeccasse appena la metà delle scelte che gli si prospettano davanti, il gioco sarebbe fatto. A quel punto, obrigado obbligatorio.

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